Gentile e Ginevra: l’incrocio di due vite vissute pericolosamente.
Si racconta che Ginevra Sforza piangesse sotto la dimora di Gentile Budrioli, nel torresotto di Porta Nova, quando questa veniva portata sulla Piazza di San Domenico, proprio lì di fronte, per essere bruciata. Di certo udì gli scoppi della polvere da sparo gettata sul fuoco per meglio impressionare la folla eccitata accorsa per godersi lo spettacolo; forse vi sostò abbastanza a lungo da vedere le sue ceneri alzarsi nell’aria.
Il luogo è Bologna. Il tempo è il nostro, anche se non è adesso: è il tempo che si misura attraverso il respiro lungo di una Storia che percorre, intreccia ed accomuna tutte insieme le nostre singole esistenze di donne: trame di vite da altri tramate.
Percorriamo ogni giorno vie cittadine e la fretta, gli impegni, il traffico, la folla sono tutte distrazioni; attraversiamo Piazze, sostandovi forse, qualche volta, appena il tempo necessario per scorgerne la Bellezza, una bellezza rarefatta, che di quelle pietre non sa, non sente la densità materiale, di quanta vita e di quanta morte siano state testimoni. Tanto vicina tanto lontana ogni cosa da noi. In ogni tempo gli eventi del passato fluttuano intorno ai nostri corpi, impercettibilmente mischiati al presente, incastri obliqui di un Senso che attende di essere catturato dal nostro sguardo, incrociato dai nostri sensi, liberato dalla nostra disattenzione di Passanti professionisti; mai se ne va via il passato, solo noi andiamo, persi in un presente assolutista che rendiamo sovrano delle nostre vite.
Fermarsi su questa Piazza, su ogni Piazza, e ascoltare ciò che questo spazio, ha da dirci. Questo va fatto.
Ginevra piange l’amica la cui sorte non ha potuto cambiare, per non mettere a rischio la sua stessa vita; anche se è la Donna più potente e in vista della città, è pur sempre una donna. I limiti della sua esistenza, pur se più estesi delle sue concittadine, sono tuttavia precisamente circoscritti, e lei li conosce bene: sa quando fermarsi è un imperativo del sesso a cui appartiene. È il 14 luglio del 1498, a Bologna il Tribunale dell’Inquisizione lavora, lavora parecchio e da molto tempo, da più di due secoli: dal 1233 è insediato presso il Convento di San Domenico ed è uno dei più attivi e feroci. E si occupa di donne, materia privilegiata del diavolo. È intuitivo, un sistema religioso costruito oppositivamente su un’unica divinità, di genere maschile, che forza la più semplice ed evidente chiave di lettura della natura, mostra chiaramente ciò che teme più di tutto: il corpo delle donne.
Le streghe bolognesi non hanno nulla di diverso da tutte le altre streghe condannate e bruciate in quei secoli. Sono streghe ordinarie, le si trova ovunque uguali: sono levatrici, astrologhe, erboriste (e prostitute, neanche a dirlo). Donne le cui mani afferrano vita che viene al mondo; donne che guardano il cielo predicendo destini; donne che curano e tengono viva la vita; donne che fanno un uso del loro corpo fuori dalla norma. Pratiche e comportamenti concessi semmai esclusivamente al libero arbitrio maschile. Streghe ordinarie come Franceschina accusata di aver fatto innamorare di sé un ricco bottegaio (1293); come Morba e Medina che sono astrologhe (1295); come Giacoma che cura le malattie con le erbe (1373); come Margherita Sarti anche lei astrologa e prostituta (una delle ultime condannate, nel secolo XVIII). (Nei casi che possono ancora essere consultati, perché c’è ancora la documentazione, ci si meraviglia che manchi sempre la versione dell’imputata?)
Gentile muore in questa bella piazza di Bologna, distante pochi passi da casa sua, passi che aveva fatto spesso per andare proprio al Convento di San Domenico, per imparare dal suo amico Frate Francesco l’arte e l’uso delle erbe medicinali. Dunque, il luogo a cui Gentile approda con entusiasmo per imparare a curare le persone (cosa di per sé straordinaria per il tempo), diventerà il luogo da cui parte la sua condanna a morte. Gentile ha una posizione privilegiata: appartiene a una ricca famiglia bolognese e questo le dà modo di oltrepassare qualche confine impensabile per l’epoca: ha anche la possibilità di frequentare la domenica le lezioni di Astrologia di Scipione Manfredi all’università, prima che il marito, il notaio Alessandro Cimieri, riesca ad osteggiarla e ad impedirglielo.
Gentile è intelligente e curiosa (qualità ordinariamente negative e pericolose all’epoca per una donna), i suoi comportamenti attirano l’attenzione e la disapprovazione, è certamente una donna che precorre i suoi tempi. Dunque inizia il suo cammino come allieva curatrice e impara tanto, diventa brava ed inizia a mettere a disposizione di amici e conoscenti ciò che ha appreso, le sue abilità spaziano dalla cura dei mali fisici alla cura delle afflizioni interiori: è infatti dotata di grande intuito ed empatia. La sua fama di curatrice di corpo e mente si diffonde tanto da arrivare agli orecchi attenti di Ginevra Sforza, sposata in seconde nozze con il signore di Bologna, Giovanni Bentivoglio II, (dopo la morte del cugino Sante), donna dal temperamento altrettanto forte e insolito, appassionata di questioni esoteriche ed astrologiche, attiva come mecenate, donna interessata al potere e brava a trattarne le questioni più crude e pratiche, tanto da divenire consigliera fidata del marito negli affari della città e della famiglia.
Ginevra decide di conoscerla: è un incontro che cambia la vita di entrambe; legate da uguali passioni e interessi il loro rapporto sfocia presto in amicizia; Ginevra la accoglie a Corte, diviene la sua dama di compagnia, offre una dote alle sue tre figlie, e molti in questo legame cominciano a vedervi il Diavolo in azione. Voci di malcontento si diffondono tra i cortigiani, prima una e ora ben due le donne che consigliano la politica bolognese! Le maldicenze tuttavia si concentrano ed esplodono su Gentile, che certo fa di tutto ai loro occhi per uscire dal percorso di una vita femminile vissuta nell’ombra e senza clamore. D’altronde Gentile è tenuta anche d’occhio dall’Inquisizione, che probabilmente non aspetta altro che un suo passo falso, un errore per poter toglierla di mezzo. Ci sono anche altri motivi, più vicini alle vicende politiche della famiglia Bentivoglio che ha subito negli anni diverse congiure da parte di famiglie bolognesi concorrenti, come i Malvezzi ed i Marescotti desiderosi di impadronirsi del potere. Probabilmente Gentile è vicina a queste famiglie e partecipa alla loro causa; forse qui vi è la ragione più fondata della sua rovina.
Sta di fatto che la Corte riesce ad influenzare Giovanni II su di lei, a farla apparire sia strumento del diavolo sia dei suoi oppositori politici, o strumento dei suoi oppositori politici in quanto strumento del diavolo … La sorte di Gentile è quella di capro espiatorio, è la presenza demoniaca che coi suoi malefici e poteri provoca ogni male e sfortuna dei Bentivoglio. Per Giovanni II è un’ottima occasione per riconquistare la benevolenza di Papa Innocenzo VIII che minaccia di riprendersi il controllo della città (questo Papa è il fanatico integralista che in Spagna nomina a capo dell’inquisizione il sanguinario Torquemada, e che approva la spietata caccia alle streghe dei due inquisitori tedeschi, autori del trattato sulla stregoneria Malleus Maleficarum).
Leandro Alberti (1479-1552), uno dei più importanti storici di Bologna, nel suo Historie di Bologna, 1541-1591, dedica due pagine alla vicenda di Gentile Budrioli, della sua condanna al rogo e ai dettagli sull’esecuzione. Dunque cosa succede? Che uno dei figli di Giovanni II si ammali e che venga affidato alle cure di Gentile. Purtroppo il bambino muore. Ecco che l’occasione che da tempo si cerca viene servita su un piatto d’argento…. e ogni Potere, a questo punto, prende la palla al balzo per trarre vantaggio dall’accaduto e sbarazzarsi della scomoda presenza di Gentile, entrata in un gioco più grande di lei. La Corte è pronta ad accusarla di avere, in combutta col diavolo, in qualche modo “guastato” il bambino; l’Inquisizione a questo punto si attiva. E anche il Comune di Bologna, in fondo, ha solo da guadagnarci da un’accusa per stregoneria: dopo la condanna tutti i beni degli eretici vengono confiscati e ripartiti in parti uguali tra giudici inquisitori e municipio; spesso, in tempi miseri, è il Comune stesso che sprona il potere inquisitoriale affinché accusi e colpisca poveri sfortunati esclusivamente per rimpolpare le Casse comunali vuote. Un affare economico come un altro. Nessun avvocato poi, per ovvie ragioni, è così pazzo da prendersi il carico della difesa di una strega.
Gentile viene presa e incarcerata, la sua casa nel torresotto viene perquisita una volta e un’altra ancora, saltano fuori tantissime prove di un’alleanza demoniaca: «72 congiungimenti carnali con spiriti demoniaci» oltre ad «ossa rubate al cimitero, simboli sacri profanati e oggetti per l’evocazione dei demoni». Tutto ciò prova che è “serva dei diavoli”. Anche il marito testimonia contro di lei, e altre persone al suo servizio con dovizia di particolari. Alla fine, dopo giorni e giorni di strazianti torture fisiche e psicologiche, Gentile, allo stremo, confessa tutto ciò che deve confessare, confessa 20 anni di attività occulte. Ginevra non può risparmiarle nulla di tutto questo.
Sulla Piazza affollatissima il corpo di Gentile, già in fin di vita, viene messo su un palco, legato con una catena ad un tronco alto sei metri da cui scende un cappio che le viene messo intorno al collo. Il corpo viene cosparso di pece; il fuoco ai suoi piedi viene appiccato, il boia usa la polvere da sparo per impressionare la folla e ci riesce: la folla è terrorizzata dalle violente esplosioni e fugge pensando che sia il Diavolo che vuole prendersi l’anima della sua serva. Finalmente il cappio le stringe il collo, il fumo delle fascine di legna e della pece le riempie i polmoni …. muore prima che il suo corpo bruci trasformandosi in cenere.
Nell’aria di questa Piazza le ceneri di Gentile non si sono ancora disperse.
Dopo la morte di Gentile, la sorte di Ginevra segue quella della famiglia a cui è legata: i Bentivoglio continuano a subire congiure da più parti. Lei è sempre al fianco del marito, il loro matrimonio è un vero sodalizio e mai esita a consigliare di far uccidere gli oppositori. Alla fine la città di Bologna viene ripresa dal Papato. Il marito Giovanni trova rifugio a Milano ma Ginevra non vuole arrendersi: donna di potere fino alla fine, insieme a due dei suoi figli mette su un esercito e tenta invano di riprendere il controllo della città.. vengono sconfitti a Casalecchio. Le viene imposto l’ esilio ma non si allontana abbastanza da Bologna, arriva fin solo a Parma ospite di una famiglia amica, i Pallavicino. L’insubordinazione verso un ordine papale le costa la scomunica. Il Papa, insediatosi nel suo stesso Castello a Bentivoglio, nonostante le sue tante suppliche non la riceverà mai. Muore nel 1507 e il suo corpo viene sepolto in una fossa comune vicino a Busseto.
C’è da dire che Bologna non ha mai amato troppo questa donna, considerata una vanitosa, un’ ostentatrice di bellezza e lusso. Dentro la Chiesa di San Petronio anche Girolamo Savonarola dal pulpito le urla contro: “Lei è il diavolo!” (E Ginevra lo minaccia subito di morte…) E il giorno del suo primo matrimonio a Bologna con Sante Bentivoglio, il vescovo le sbarra la porta di San Petronio per impedire che lei e le sue damigelle entrino vestite con abiti troppo sfarzosi. Ginevra e Sante sono costretti a ripiegare nella Chiesa di San Giacomo Maggiore.
Gentile e Ginevra, due donne le cui storie così diverse si sono intrecciate. Tanto lontane e tanto vicine a noi. (R.M.)