“In tutto il mondo mi sento a casa, ovunque vi siano nuvole, uccelli e lacrime umane.”
Rosa Luxemburg passò diversi anni rinchiusa in carcere. Eppure mai smise di sentire un’intima gioia, tanto profonda da travalicare il suo angusto confine di vita; tanto forte da acutizzare il suo senso di appartenenza alla vita e di coglierne la bellezza sopra ogni orrore. E per lettera, alle sue persone care, trasmetteva la sua straordinaria sensibilità…
Che le sue parole, semplici e limpide, contagino anche noi; e ci aiutino a dare un senso chiaro e semplice a tutte le cose che ci accadono.
A Hans Diefenbach – Fortezza di Wronke, Posnania, 5 marzo 1917
[…] In realtà attraverso adesso un periodo abbastanza duro. È esattamente come l’anno scorso, a Barnimstrasse: per sette mesi tengo duro e all’ottavo mese i miei nervi crollano all’improvviso. Ogni giorno da passare diventa una piccola montagna che bisogna scalare: la minima cretinata mi irrita dolorosamente. In effetti tra cinque giorni saranno otto mesi pieni del mio secondo anno di solitudine. In seguito sicuramente, come l’anno scorso, la vita riprenderà la sua strada, tanto più che si avvicina la primavera. Del resto tutto sarebbe più facile da sopportare se non mi dimenticassi la legge fondamentale che mi sono prefissata come regola di vita: essere buoni, ecco l’essenziale! Essere buoni, molto semplicemente. Ecco che comprende tutto e che vale di più di tutta l’intelligenza e la pretesa di avere ragione. Ma qui chi mi riporterà all’ordine visto che anche Mimì è assente? [la gatta di Rosa] A casa capiva come rimettermi sulla retta via lanciandomi un lungo sguardo silenzioso, così bene che ogni volta mi affrettavo ad abbracciarla (che non vi dispiaccia) e a dirle: “Hai ragione tu, essere buoni, questo è l’essenziale!”Quindi se a volte vi accorgete dal mio silenzio, o da quello che dico, che faccio il broncio o che sono di cattivo umore, ricordatemi l’esortazione di Mimì e date il buon esempio: siate buono voi stesso, anche se non lo merito… […]
Dal carcere di Wronke, 15 aprile 1917 (a Louise)
Quando si ha la cattiva abitudine di cercare una gocciolina di veleno in ogni fiore schiuso, si trova, fino alla morte, qualche motivo per lamentarsi. Guarda quindi le cose da un angolo diverso e cerca il miele in ogni fiore: troverai sempre qualche motivo di sereno buonumore. Inoltre, credimi, il tempo che – così come altri – attualmente passo sotto chiave, neanche questo tempo è perduto. […] Sono del parere che si deve semplicemente, senza voler essere troppo cattivi né scervellarsi, condurre la vita che si reputa giusta, senza esigere d’essere pagate subito in moneta sonante per tutto ciò che si fa. Alla fine, tutto sarà ben ricapitolato; e se così non sarà io ‘proprio me ne infischio’, anche senza la vita è per me una tale fonte di gioia: tutte le mattine ispeziono scrupolosamente le gemme di ogni mio arbusto e verifico dove ce ne sono; ogni giorno faccio visita a una coccinella rossa con due puntini neri sul dorso che da una settimana mantengo in vita su un ramo, in un batuffolo di calda ovatta nonostante il vento e il freddo; osservo le nuvole, sempre più belle e senza sosta diverse, e in fondo io non mi considero più importante di quella piccola coccinella e, piena del senso della mia infima piccolezza, mi sento ineffabilmente felice»[…]
A Sonia Liebknecht – 24 novembre 1917
[…] So che per ogni essere umano, per ogni creatura, la propria vita è il solo “bene”, l’unico bene di cui dispone e ogni moscerino che si calpesta senza accorgersene è ogni volta la fine del mondo; per gli occhi di questo moscerino che si spengono e come se la fine del mondo annientasse ogni forma di vita. No, vi parlo delle altre donne affinché non sottovalutiate il vostro dolore, non lo denigriate, affinché non capiate male voi stessa e non deformiate l’immagine che avete di voi stessa. Oh, come vi capisco quando ogni bella melodia, ogni fiore, ogni giornata di primavera, ogni notte di luna risveglia in voi la nostalgia e il desiderio di ciò che c’e di più bello in ciò che il mondo ha da offrire. E come capisco che siate innamorata “dell’amore”! Per me, l’amore è stato (o è?…) sempre più importante, più sacro dell’oggetto che lo suscita. Perché permette di vedere il mondo come una fiaba splendida, perché fa emergere dall’essere umano ciò che vi è di più nobile e di più bello, perché eleva ciò che vi e di più comune e umile e lo adorna di brillanti e perché permette di vivere nell’ebbrezza, nell’estasi. […]
A Sonia Liebknecht – Prima del dicembre 1917
Ieri sono rimasta sveglia a lungo – attualmente non riesco mai ad addormentarmi prima dell’1 di notte, ma sono costretta ad andare a letto alle 10 perché spengono la luce — e nell’oscurità ho sognato diverse cose. Ieri, quindi mi dicevo: è strano che io viva sempre in una felice ebbrezza senza ragioni particolari. Per esempio, sono distesa qui, in questa cella oscura, materasso duro come la pietra, mentre mi circonda l’abituale pace da cimitero che regna nell’edificio; c’è da credersi in una tomba, mentre attraverso il vetro, sul soffitto, si disegna il riflesso della lanterna che arde tutta la notte davanti alla prigione. Ogni tanto si sente il rumore davvero assordante di un treno che passa in lontananza oppure, molto vicino, sotto le mie finestre colpi di tosse della sentinella che, calzata dei suoi pesanti stivali lentamente fa qualche passo per sgranchirsi le gambe.
Sotto i suoi piedi lo scricchiolio della sabbia è così disperato che, nella notte umida e buia, si avverte il vuoto e l’assenza di prospettive di vita. E io giaccio sola e in silenzio, avviluppata dai tanti veli neri delle tenebre, dalla noia dell’inverno che tiene prigionieri; eppure il mio cuore batte, scosso da una gioia interiore sconosciuta incomprensibile, come se, attraversassi un prato fiorito inondato di sole. E nel buio sorrido alla vita, come se conoscessi qualche magico segreto che smentirà tutto quanto c’è di cattivo e triste ed esplodo in un mondo di luce e di felicità. E al tempo stesso, mi interrogo sulla ragione di questa felicità; non ne trovo affatto e non posso impedirmi di sorridere ancora di me. Credo che questo segreto non sia altro che la vita stessa; la notte profonda è così bella e morbida come velluto purché la si sappia guardare bene. E anche lo scricchiolio della sabbia umida sotto i passi pesanti e lenti della sentinella risuona della canzone della vita, una piccola e bella canzone: purché la si sappia ascoltare bene. In questi momenti io penso a voi e mi piacerebbe tanto trasmettervi questa chiave magica, affinché percepiate sempre e in qualsiasi situazione il lato bello e gioioso della vita, affinché anche voi viviate nell’ebbrezza e camminiate come in un prato iridescente. Lungi da me l’idea di proporvi ascetismo, felicità immaginarie. Vi auguro tutte le gioie dei sensi. Semplicemente, vorrei darvi in più la mia inesauribile serenità interiore, affinché non siate più inquieta e affrontiate la vita avvolta da un mantello trapunto di stelle che vi protegga da tutto ciò che c’e di meschino, volgare e angosciante.
..Ah! mia piccola Sonia, qui ho provato un dolore acuto. Nel cortile in cui passeggio arrivano ogni giorno dei veicoli di sacchi con vecchie divise da soldato e camicie spesso macchiate di sangue…
Vengono scaricate qui prima di dividerle nelle celle in cui le prigioniere le rammendano, poi le ricaricano sulla vettura per portarle all’esercito.
Qualche giorno fa arrivò uno di questi veicoli tirati non da cavalli, ma da bufali. Era la prima volta che vedevo questi animali da vicino. La loro struttura è più robusta e più ampia di quella dei nostri buoi, hanno il cranio piatto e corna incurvate verso il basso; la loro testa tutta nera con i grandi occhi dolci assomiglia più a quella dei montoni nostrani. Sono originari della Romania e costituiscono bottino di guerra… I soldati che conducono il carretto raccontano che è stato molto difficile catturare questi animali che vivono allo stato brado e più difficile ancora aggiogarli per trainare pesi. Queste bestie abituate a vivere in libertà sono state orrendamente maltrattate fino al punto da capire che hanno perso la guerra: l’espressione vae victis si applica anche a questi animali… Un centinaio di queste bestie si troveranno ora perfino a Breslavia. Quelle che erano abituate ai rigogliosi pascoli della Romania, oltre ai colpi ricevono per nutrimento solo foraggio di pessima qualità e in quantità del tutto insufficiente. Le fanno lavorare senza riposo, facendo loro trainare ogni sorta di carretto e con questo ritmo non durano a lungo. Qualche giorno fa, quindi, uno di questi veicoli carico di sacchi entrò nel cortile. Il carico era cosi pesante e c’erano tanti sacchi pieni che i bufali non riuscivano a superare la soglia del portone. Il soldato che li accompagnava, un tipo brutale, iniziò a colpirli così violentemente col manico del suo frustino che la guardiana della prigione indignata gli chiese se non avesse pietà delle bestie. E di noialtri, chi ha dunque pietà? rispose, con un sorriso cattivo sulle labbra, ricominciando a colpire con forza… Alla fine, le bestie fecero uno sforzo e riuscirono a superare l’ostacolo, ma una di queste sanguinava… Sonichka, lo spessore della pelle dei bufali è proverbiale, eppure era lacerata.
Mentre si scaricava il veicolo, le bestie restavano immobili, sfinite, e uno dei bufali, quello che sanguinava, guardava dritto davanti a sé e, sul muso scuro dagli occhi neri e dolci, aveva un’aria da bimbo in lacrime.
Era esattamente l’espressione di un bambino che viene punito duramente e non sa per quale motivo né perché, che non sa come scappare dalla sofferenza e dalla forza bruta…Ero, davanti a lui, l’animale mi guardava, le lacrime colavano dai miei occhi, erano le sue lacrime. Davanti al dolore di un fratello caro è impossibile non essere scossi dai più dolorosi singhiozzi come lo ero io nella mia impotenza davanti a questa muta sofferenza. Quanto erano lontani i pascoli della Romania, quei pascoli verdi, rigogliosi e liberi, quanto erano inaccessibili, perduti per sempre. Come tutto laggiù — il sole sorgente, le belle grida degli uccelli o il richiamo melodioso dei pastori —, come tutto era diverso. E questa orribile città straniera, la stalla opprimente, il fieno disgustoso e ammuffito misto a paglia putrida, questi uomini sconosciuti e terribili e i colpi, il sangue colante dalla piaga aperta… Oh! mio povero bufalo, povero amato fratello, siamo qui entrambi così impotenti, così inebetiti e il dolore, l’impotenza, la nostalgia fanno di noi un solo essere.
Nel frattempo, le prigioniere si affannavano attorno al carro scaricandolo dai pesanti fardelli, portandoli nell’edificio Quanto al soldato, con le mani ficcate nelle tasche dei pantaloni iniziò a percorrere il cortile a grandi passi, un sorriso sulle labbra, fischiando un ritornello popolare. E davanti ai miei occhi vidi passare la guerra allo stato puro…
Scrivete presto, vi abbraccio, Sonichka.
Vostra Rosa.
Sonioucha, mia cara, state calma e allegra nonostante tutto. La vita è cosi, e occorre prenderla con coraggio, senza soffrire e con il sorriso… nonostante tutto. Buon Natale.
R.