Edith Stein, la settima stanza
Per Edith, la settima stanza è stata la camera a gas.
Nata a Breslavia in una famiglia ebrea benestante, Edith perse il padre a due anni. Di lei, che era la più piccola, dei numerosi fratelli e della industria di famiglia si occupò la madre, donna energica e infaticabile. Edith fu da subito tanto intelligente quanto libera e volitiva. Durante l’adolescenza abbandonò la scuola perché si annoiava e passò un anno in casa di una sorella a leggere saggi e romanzi. Poi riprese. All’epoca si dichiarava atea.
Gli studi universitari, prima a Breslavia e poi a Gottinga, furono interrotti dalla Prima guerra mondiale. Edith prestò servizio come infermiera volontaria nelle retrovie, con i malati di tifo. Ritornata all’università, entrò nel cerchio di Edmund Husserl, il padre fondatore della fenomenologia, che seguì a Friburgo. La sua tesi di dottorato, “Zum Problem der Einfühlung”, pubblicata nel 1917, le aprì le porte dell’accademia.
‘Einfühlung’ è la parola tedesca che noi ora traduciamo con ‘empatia’. Usata per la prima volta nella filosofia dell’estetica, rendeva l’idea dell’immedesimazione nell’opera d’arte. Dopodiché il termine venne adottato dalla psicologia per indicare, secondo Theodor Lipps, una sorta di fusione con l’altra persona.
La Stein inquadra il problema in maniera rigorosa, comprendendo sia l’aspetto filosofico che quello psicologico: l’empatia è un atto in cui si coglie l’esperienza vissuta dell’altro considerato nella sua interezza di persona; si basa sulla comune condizione degli esseri umani, quella che Husserl definisce ‘intersoggettività’; è possibile soltanto quando la personalità di chi la mette in atto è ben distinta. Non si tratta quindi in alcun modo di una fusione. E’diversa dalla simpatia ed anche dal condividere un’emozione, ad esempio perché si è entrambi contenti per qualcosa. Infine, non consiste solo nel capire con la ragione ma è anche un sentire, un percepire. Tale concezione si diffonderà col tempo, così il termine verrà trasposto nell’inglese ‘empathy’, in cui risuona il greco ‘pathos’, da cui l’italiano.
Torniamo ora alla nostra Edith che, avviata ad una brillante carriera filosofica, si impegna anche in politica per la parità e per i diritti delle donne. In effetti, tutto il pensiero della Stein è un pensiero che potremmo definire femminilmente robusto, che non dimentica mai né il lato emotivo né quello concreto dei problemi.
Ma, per così dire, lo Spirito Santo era in agguato! Nel 1921, durante una vacanza a casa di amici ebrei convertiti, legge le opere di S. Teresa d’Avila, in particolare “Il castello interiore”, che paragona il percorso dell’anima verso Dio a sette successive stanze. Tale è l’impatto che Edith decide di farsi cristiana cattolica e viene battezzata il primo gennaio dell’anno successivo. Si può immaginare quel che successe in famiglia! La povera madre, molto osservante, non si dava pace: concepiva le conversioni come tradimenti né capiva minimamente il cristianesimo. “Non voglio dir nulla contro di lui [Gesù], sarà stato certamente un uomo molto buono, sbottò a un certo punto, ma perché si è fatto Dio?”. Sia lei che Edith avevano caratteri forti e gli scontri erano inevitabili.
Stavano arrivando i tempi oscuri del nazismo. Gli ebrei furono espulsi dalle università e i migliori intellettuali tedeschi, con poche eccezioni, dovettero nascondersi o andare in esilio. Anche Edith, pur essendo una convertita, fu costretta a lasciare l’insegnamento. C’è da dire che in tutte le sue vicissitudini e nella totale adesione al cristianesimo, non prese mai le distanze dall’essere ebrea, anzi sostenne fino alla fine questa appartenenza. Scrisse anche a Pio XI e al suo Segretario di Stato, che diventerà Pio XII, chiedendo di rompere il silenzio e denunciare le persecuzioni. Un po’ come S. Caterina da Siena aveva fatto con Gregorio XI per riportarlo in Italia. Senonché l’esito fu molto meno felice: il silenzio di ben due papi ha macchiato per sempre la loro figura e non solo!
Immaginiamo delusa dalla mancata risposta, Edith accentua la vena mistica ed entra nel monastero carmelitano di Colonia prendendo i voti nell’ aprile del 1934 col nome di Teresa Benedetta della Croce. Vista la stretta clausura, non rivedrà più i familiari, nemmeno la madre. Le scriverà ogni settimana una lettera, senza ricevere mai una risposta fino alla sua morte nel 1936. Soltanto qualche saluto, negli ultimi tempi, veniva trasmesso attraverso la sorella Rosa, dedita fino all’ultimo ad accudire l’anziana donna.
Nel monastero Edith è felice. In una lettera scrive: “…mi vergogno ogni volta che sento parlare della nostra vita come di ‘una vita di sacrificio’. La mia era una vita di sacrificio quando ero fuori. Adesso mi sono stati tolti quasi tutti i pesi, e ho in pienezza quello che prima mi mancava”. Una vera santa!
Socievole e disponibile, si applica anche alle incombenze domestiche, benché con scarsi risultati: da vera intellettuale è piuttosto maldestra. In compenso, dopo la morte della madre, anche Rosa si converte ed entra come terziaria in convento, dando una mano nel lavoro. Restare a Colonia diventa sempre più pericoloso e il 31 dicembre 1938, accompagnate in auto da un sacerdote, le due sorelle si trasferiscono nottetempo nel Carmelo di Echt, in Olanda. Qui restano fino al fatidico 2 agosto 1942, quando la Gestapo arriva per portarle via. “Vieni, andiamo per il nostro popolo”, dice Edith a Rosa. Moriranno ad Auschwitz la settimana seguente.
Vent’anni dopo, la causa di beatificazione, conclusa nel 1998. Qui c’è un punto interessante: siccome pare che Suor Teresa non avesse fatto particolari miracoli in vita, si usò, per farla santa, l’alternativa canonica: il martirio per la fede. Questo però ha sancito definitivamente la natura anticristiana del nazismo.
RIFERIMENTI
Santa Teresa Benedetta della Croce – Edith Stein, numero monografico del Messaggero di Gesù Bambino dei Padri Carmelitani Scalzi di Arenzano (Ge), 1998
Herbstrith,W., Edith Stein, vita e testimonianze, 1990, Città Nuova
Edith Stein, Il problema dell’empatia, 1985, ed. Studium
Edmund Husserl, Meditazioni Cartesiane, 1960, Bompiani
Teresa Benedetta della Croce-Edith Stein in Laurentianum http://www.laurentianum.it/content/view/350/
La Settima stanza, film di Màrta Mèszàros, 1995