Fiori nel deserto
La regione di Wirikuta, nella Sierra di Catorce in Messico, è una vastissima area semidesertica, che rappresenta il cuore sacro del Messico centrale, il centro religioso e cerimoniale degli indigeni huichol o wixárika che lo considerano l’origine del mondo, e dove ancora migliaia di loro vivono. Una terra il cui ecosistema è essenziale preservare, purtroppo minacciata da abusi e soggetta a violenze per la ricchezza dei suoi giacimenti minerari, e questo a scapito dei discendenti dei suoi popoli originari e delle loro millenarie tradizioni.
“Salviamo Wirikuta”, è un’associazione che si impegna a favore della salvaguardia del Sito Sacro di Wirikuta. Nel blog del sito1 , è presente la traduzione di alcune interviste a dieci donne native messicane.
Con questa traduzione l’associazione vuole dare risonanza alla voce delle donne native, così difficile da sentire, e creare una rete di donne in difesa dei diritti femminili e a protezione della terra.
Questo prezioso lavoro documentario (dieci video e relative interviste) è stato fatto da una giornalista messicana, Gloria Muñoz Ramírez, sul periodico on line messicano “Desinformémonos”2. Le dieci donne intervistate da Gloria Muñoz Ramírez appartengono a dieci etnie diverse; sono giovani o anziane, guaritrici, storiche, attiviste politiche, madri di famiglia, guardiaparco; tutte appartengono al Consiglio Indigeno di Governo (CIG), un’organizzazione creata nel corso del processo elettorale del 2018 (elezioni presidenziali del Messico) dal Congresso Nazionale Indigeno (CNI) per rendere visibile le loro lotte e invitare le persone, indigene e non, a organizzarsi e fare rete.
Queste donne sono accomunate dalla loro dedizione alla difesa della cultura ancestrale e del territorio in cui vivono, spesso ancora incontaminato. Molti ecosistemi unici al mondo in Messico sono ancora intatti perché i nativi li difendono fin dai tempi dell’invasione spagnola.
Una di queste dieci donne è Marichuy: è stata la prima donna indigena a candidarsi per le elezioni in Messico del 2018. Era stata scelta per via del suo ruolo di sostenitrice dei diritti delle donne, degli indigeni e della natura. Come esperta di medicina tradizionale, usufruisce delle foreste e di ciò che la circonda come risorsa di sapere e fonte di medicina.
Marichuy non è riuscita a raggiungere il quorum come candidata indipendente: “I voti avrebbero dovuto essere autenticati attraverso un’applicazione che richiede un dispositivo cellulare ed una connessione internet funzionante: un grande ostacolo per le comunità rurali povere dove l’accesso ad internet, i dispositivi cellulari e specialmente gli smartphone non sono sempre presenti. Un ostacolo all’accesso alla democrazia stessa. Tuttavia la sua campagna è stata un successo nell’ambito dei diritti delle donne, degli indigeni e della natura”. 3
Un’altra storia emblematica è quella di Rocìo Moreno.
Rocìo appartiene al popolo Coca, un gruppo etnico nativo del Messico che vive a Mezcala, nello stato di Jalisco, intorno al lago Chapala. Mezcala si trova in una regione turistica che è diventata l’ombelico della regione. Mezcala è l’unica comunità che protegge ancora la foresta circostante e la bellissima laguna da uno sviluppo immobiliare ad altissimo impatto ambientale e da imprese multinazionali che vogliono impadronirsi del territorio e delle acque.
La storia di Rocío non può essere spiegata senza quella di sua madre, una donna allegra e combattiva, un’infermiera per vocazione e di professione. Una donna singolare che si è ribellata a tutto e non ha seguito i modelli imposti.
Rocìo ricorda la sua infanzia: “La gente andava alla laguna a riempire le brocche per bere e cucinare, l’acqua non era ancora contaminata. Tutta la nostra vita si svolgeva lì, sulla laguna. Un’infanzia libera, nella quale non ricordo nemmeno una porta di casa che fosse chiusa”.
Per difendere la sua comunità dagli assalti di imprenditori senza scrupoli, Rocìo si è laureata come storica e in seguito, insieme a sua madre, ha creato dei laboratori di storia nella comunità. Grazie a questi laboratori questa etnia ha recuperato la propria identità, e ha rinforzato la propria determinazione a difendere le proprie radici culturali e la propria terra.
“17 anni fa – spiega Rocìo – un uomo d’affari, Guillermo Moreno Ibarra, arrivò alla comunità con un prestanome e prese illegalmente una decina di ettari di terra comunale boschiva. Quello fu l’inizio del processo agrario, che divenne un processo emblematico per i membri della comunità di Mezcala”. La sentenza del Tribunale ha dato ragione alla comunità. Ma l’impresario non ha desistito: attualmente un gruppo paramilitare ai suoi ordini sorveglia le terre invase. Ci sono circa 16 persone con i volti coperti da una bandana o passamontagna e armati pesantemente che impediscono a chiunque di avvicinarsi. “Cercano di intimidire la comunità, ma noi cerchiamo di non cadere nella provocazione“. Per questa resistenza Rocìo e alcuni suoi compagni sono stati anche in carcere: “L’esperienza è stata terribile. Ho sentito che la mia vita si è fermata”. Dopo sette anni di tribunali, lei e i suoi compagni sono stati assolti.
La scoperta di appartenere all’etnia Coca è stato un altro momento magico Per Rocìo e gli altri abitanti del paese. “Sapevo di appartenere a un popolo indigeno, ma non sapevo quale. Ecco perché i workshop sono stati fondamentali per riappropriarci della nostra identità”.
Questa scoperta è avvenuta grazie alla descrizione di un rituale ancora in uso per chiedere l’arrivo delle piogge. Questo rituale viene fatto su una roccia conosciuta come “La Vecchia”, anche se nei documenti storici è chiamata “La Nonna”. Sono due grandi pietre, una maschio e una femmina, Il Vecchio e La Vecchia. Quando non c’è pioggia per la semina alla fine di maggio, la gente si organizza per chiedere l’acqua alla Vecchia. La gente porta in offerta acqua e fiori, canta e prega. Ci si avvicina alla roccia, si versa l’acqua e si grida a Santa María de Soyatlán: “Fai piovere!”. Alla fine piove davvero e la siccità finisce. Questo rituale è descritto dagli spagnoli, riferendosi sempre alla gente dell’etnia Coca, ai loro rituali, al commercio e alla pesca. Quando, durante i laboratori di storia, la gente ha letto queste descrizioni, si è riconosciuta e ha detto “Ma sono io!”. È stato come leggere una descrizione di noi stessi, ci siamo riconosciuti immediatamente.
Ciascuna storia e ciascun video associato (in lingua spagnola) merita attenzione poiché ogni storia è un frammento del mosaico di una realtà femminile messicana delicata e in pericolo, che però è anche forte della propria tradizione e della nuova capacità di fare rete.
“Queste dieci donne sono come noi” scrive Gloria Muñoz Ramírez. “E anche no. Hanno sperimentato il razzismo nella sua scala più infame. Hanno visto negati la propria storia, la lingua e l’abbigliamento, mentre portano via i loro territori, i centri sacri, le cerimonie e le risorse naturali. Le aziende e i governi vogliono le loro acque, le loro montagne e il loro vento. E loro, figlie e nipoti di donne guerriere, hanno osato immaginare un domani differente per il loro popolo e per tutto il Paese, perché non c’è giorno in cui ciascuna di loro non abbia messo anima e corpo per difendere ciò che appartiene a tutti”. 3
SITOGRAFIA
1) SALVIAMO WIRIKUTA. Una rete di donne per proteggere la Terra
https://salviamowirikuta.wordpress.com/una-rete-di-donne-per-proteggere-la-terra/
2) LIFEGATE
https://www.lifegate.it/persone/news/marichuy-messico-candidata-elezioni-2018
3) FLORES EN EL DESIERTO. Mujeres del Concejo Indígena de Gobierno
Por Gloria Muñoz Ramírez / Desinformémonos https://floreseneldesierto.desinformemonos.org