Casa mia è dove si trova il mio baule: Annie Smith Peck
La sua ultima scalata fu quella del Mount Madison, nel New Hampshire. Aveva 82 anni.
Annie nasce nel 1850 a Providence, Rhode Island. La mamma, di cui porterà con sé il cognome su ogni vetta, Ann Power Smith, sposa George Bacheler Peck, avvocato e membro del consiglio comunale della città, ha 5 figli di cui lei è la più piccola. Sua sorella Emily muore ancora bambina, quindi Annie cresce con i fratelli maschi, George, William e John; sin da piccola le rendono chiaro che non vogliono giocare con lei perché è una femmina. Ma non sanno ancora bene chi hanno davanti: una tipa tosta che non si arrende, che non accetta mai ‘no’ come risposta.
Annie non vuole restare indietro, mai. Studia e, una volta diplomatasi alla Rhode Island Normal School, non si accontenta di essere solo un’insegnante, una delle poche carriere concesse allora a una donna, ma desidera iscriversi alla Brown University come hanno fatto sia il padre che i suoi fratelli. L’università però la rifiuta proprio perché è una donna. Ma il suo motto è: “Voglio farlo e lo farò”. Ha già 27 anni – cosa crede di ottenere a quell’età, per di più come donna? – insiste la famiglia – Dovrebbe invece sposarsi e stare al suo posto.
Ma Annie non ci sta. È furiosa per queste discriminazioni e si trasferisce a Saginaw, nel Michigan, intenzionata a mantenersi da sé. Trova impiego come precettrice alla locale scuola superiore dove insegna lingue e matematica rimanendovi fino al 1874. In una lettera al padre Annie scrive che intende ricevere la stessa educazione dei suoi fratelli e non intende rinunciare ai suoi sogni. In quello stesso anno si iscrive alla University of Michigan, che solo tre anni prima ha aperto le porte alle donne. Si laureerà in lingue classiche nel 1878 e nell’81 si specializzerà in greco antico. Nel 1884, dopo alcuni anni di insegnamento si trasferisce in Europa per intraprendere gli studi universitari in Archeologia. È la prima donna ad essere ammessa alla Scuola Americana di Studi Classici in Grecia. Proprio in Europa scopre la passione più grande, quella per la montagna. Da qui ha inizio la sua attività di alpinista.
Per cominciare scala Capo Miseno in Italia, poi il passo del Teodulo in Svizzera e l’Imetto in Grecia “L’unico vero piacere è la soddisfazione di andare dove nessun uomo è stato prima e dove pochi potranno seguirti”.
Annie Smith Peck è stata la prima donna a scalare il Cervino in Svizzera, indossando pantaloni sotto una lunga tunica. Furono molte le difficoltà che incontrò e che la portarono a sfidare le convenzioni dell’epoca, come ad esempio il suo abbigliamento fuori dalla norma sociale. Inaudito per quell’epoca che una donna non scalasse con una gonna. Molto pratico e comodo avventurarsi con quei gonnoni a 200 mt.! Lei invece osò vestirsi da uomo. La polemica raggiunse le prime pagine dei giornali. Sul New York Times s’avviò un dibattito su cosa le donne potessero fare e cosa potessero aspirare a diventare.
La sua mise, che personalizzò per essere comoda nei movimenti, comprendeva: una tunica lunga ai fianchi, pantaloni ampi, calzettoni di lana, robusti stivali di cuoio e un cappello di feltro assicurato con un velo. E visto che l’abbigliamento da montagna esistente era concepito per gli uomini, disegnò e si fece fare su misura i propri stivali.
La montagna la rapì completamente e nessuno la staccò più da questo suo grande amore. Voleva “conquistare una vetta vergine per raggiungere un’altezza a cui nessun uomo si è mai trovato”. Iniziò a scalare praticamente quasi senza sosta. America Latina, arrivo! Nel 1897 sfidò i 5.610 metri del Pico de Orizaba e i 5.426 del Popocatepetl in Messico. L’ascesa dell’Orizaba fu al tempo la scalata più alta mai compiuta da una donna. Per l’ascesa del Popocatepetl venne finanziata dalla stampa. Ma il suo apice, nel vero senso, lo raggiunse a 58 anni. Mentre per noi a quest’età si parla di menopausa, lei a quasi sessanta e senza ossigeno fu la prima in assoluto a conquistare i 6.768 metri dell’Huascaran.
Era il 1908 e raggiunse la vetta del Monte Huascaran prima di qualsiasi alpinista di sesso maschile. Ma non fu facile. Prima di riuscirci ci provò per ben 5 volte. Non aveva l’equipaggiamento adatto e procurarselo costava moltissimo. Gli uomini avevano più mezzi e più risorse, lei solo il suo coraggio e la sua tenacia.
Quando, nel Settembre del 1904, arrivò per la prima volta nel villaggio di Yungay, ai piedi della montagna, gli abitanti erano stupefatti da questa donna dai capelli grigi convinta di poter scalare la minacciosa cima alle loro spalle. Le dissero che era impossibile. Che nessuno lo aveva mai fatto prima. Lei rispose che ci avrebbe provato comunque. D’altronde, pensava, se Henriette d’Angeville aveva scalato la vetta del Monte Bianco nel 1838 solo con una corda, un bastone e per di più intabarrata come la donna Michelin, anche lei poteva farcela in questa impresa!
Così ci provò una volta, due volte, tre volte. I portatori e le guide ai primi crepacci si tirarono indietro. Annie proseguì come poteva, da sola, e alla fine dovette arrendersi. Per tutta la vita aveva dovuto fare i conti con i pregiudizi di genere, con equipaggiamenti pensati solo per gli uomini e le battute sessiste degli scalatori maschi, che quando non la sbeffeggiavano si coalizzavano in veri e propri sabotaggi delle sue scalate.
Nei vari tentativi di ascesa del Monte Huascaran venne investita da una tempesta, ricattata dai portatori che volevano più soldi e che “dimenticarono” l’attrezzatura fotografica; in seguito una delle guide sofferente per l’altitudine abbandonò la spedizione; poi gli zaini con il cibo e la stufa portatile sparirono in fondo a un precipizio. Ma lei ci riprovò. Ci riprovò ancora una quarta volta. E ancora. Fu al sesto tentativo che ce la fece. Prima di chiunque e nonostante tutti. Annie la cocciuta, la determinata. Annie che non accettò un no come risposta, neanche dalla montagna. Scendere fu un “terribile incubo”, scivolò sei volte rischiando di rompersi l’osso del collo e restò senza acqua. Alla fine tornò sana e salva. “Sin da ragazzina ho deciso che avrei fatto tutto quello che una donna può fare per dimostrare che le donne hanno tanto cervello quanto gli uomini e possono fare le stesse cose se vi si dedicano completamente”. Anche di più, devo dire.
Annie era una convinta suffragetta. E come portò il suo messaggio in capo al mondo? Come solo lei poteva fare: nel 1911 scalò il Coropuna, sempre in Perù, e in vetta piantò una grande bandiera. Sopra, a lettere cubitali, c’era scritto: Votes for Women.
Poi partì col suo baule. Nel 1929 decise d’intraprendere uno stupefacente viaggio aereo, durato 7 mesi, per dimostrare che i nuovi voli commerciali tra Panama e le città del Sudamerica erano sicuri. Era affascinata dal cielo da quando aveva incontrato nel 1903 a New York i fratelli Wright. Nell’arco dei 32.000 km percorsi toccò tutti i paesi sudamericani a parte il Venezuela. Parlando di Lindenberg disse: “Deve pur sapere che ho raggiunto a piedi vette più alte di lui sul suo aereo”. Ma lui non volle mai incontrarla.
Questa donna è un idolo. Non perché scalò tutta la vita, ma perché nel suo zaino si portava dei panini farciti di coraggio e determinazione, una borraccia che mai avrebbe calmato la sua sete di conquista, e lassù, nell’aria rarefatta, quando la vista si annebbiava e il respiro si faceva affannato, mai e poi mai perse di vista i suoi sogni. Scalò, viaggiò, volò, col suo baule di curiosìtà e stupore. Per tutta la vita, fino al suo ultimo giorno, ha percorso una strada in salita, verso se stessa, e arrivando alla vetta. Sola e infaticabile Annie, ti adoro. (P.R.)