Sarraounia Mangou, regina combattente
Nell’immensa ferocia del colonialismo, uno degli episodi più folli fu senza dubbio la spedizione francese Voulet-Chanoine dal nome dei due capitani che la guidarono.
Partendo dal Senegal, la colonna di 600 soldati e 800 portatori africani con le loro famiglie doveva puntare sul lago Ciad per ricongiungersi con altre due spedizioni completando l’occupazione dell’Africa occidentale. Probabilmente, i due comandanti non si aspettavano una grande resistenza e invece la trovarono, eccome!
Sulla cittadina fortificata di Lougou, nell’attuale Niger, regnava una donna che viene ricordata con il nome di Sarraounia. In realtà questo termine significa semplicemente regina, il nome proprio era Mangou. Sarraounia Mangou, dunque. Apparteneva agli Anza, del gruppo etnico Hausa, uno fra i più diffusi del continente africano. Gli Hausa hanno una storia che risale a tempi antichissimi. Secondo alcuni sono originari del Sahara e si sono spostati, nel corso dei millenni, verso sud-ovest fino ad occupare un vasto territorio nel nord della attuale Nigeria. Il territorio era diviso in sette grandi città stato fortificate e in alcuni centri minori. L’economia era basata sull’agricoltura e sull’artigianato, soprattutto tessile e del cuoio. Tradizionalmente gli Hausa sono abilissimi domatori di cavalli e, poiché il loro territorio è percorso da vie di comunicazione, mercanti. La società era organizzata in solide strutture, fortemente gerarchiche. Da notare la successione dinastica in linea femminile o mista con esempi notevoli di regine-combattenti, fra cui spicca Amina (o Aminatu) che regnò attorno al XVI secolo.
Come la maggior parte degli africani, gli Hausa erano animisti. Quando iniziò l’espansione dell’Islam, quasi tutti i sottogruppi si convertirono, ma non gli Anza, che vollero proseguire nella tradizione. Perciò Sarraounia Mangou era una purissima espressione della cultura africana: donna, regina e sciamana, iniziata ai riti roko delle domande agli spiriti.
Torniamo alla spedizione Voulet-Chanoine, che lascia dietro di sé una scia di sangue. A differenza di molti altri capi (maschi), Sarrounia Mangou non si arrende: esce dalle mura fortificate e sfida i francesi in campo aperto, nella battaglia di Lougou del 1899.
Come quasi sempre in questi casi, la vittoria non arride a chi ha più coraggio o ragione o è più numeroso. Ma a chi possiede le armi migliori. Così i francesi hanno la meglio, ma Mangou e i suoi si nascondono nell’impenetrabile savana e cominciano azioni di guerriglia. I francesi, meno pratici del territorio e meno avvezzi alle sue asperità, anche climatiche, non riescono a catturarli ma danno segni di sempre maggiore nervosismo. E poi chissà, Sarraounia Mangou è una sorcière … Fatto sta che la spedizione francese prosegue verso il Ciad, ma i due capi impazziscono. Diventano sempre più esaltati e sanguinari, ormai fuori controllo. A questo punto il governo francese invia un loro superiore, il colonnello Klobb, per riprendere in mano la situazione ma i due capitani ordinano di far fuoco anche su di lui e lo uccidono. Finalmente, il medico della spedizione e alcuni sottufficiali fomentano una rivolta: Voulet e Chanoine vengono fucilati dai loro stessi uomini.
Che spiegazione dare a questa vicenda?
All’epoca si impose un’ipotesi scientifica: i due disgraziati, o almeno uno di essi, soffrivano di tabe, il terzo e peggiore stadio della sifilide, che appunto fa uscire di senno.
Un’altra possibilità è che siano il male, l’odio, il sangue a fare uscire di senno anche senza tabe, in una spirale inarrestabile.
La terza opzione è che Sarraounia Mangou con le sue arti magiche abbia obnubilato le loro menti. Così un djin, uno spirito vagante del vasto pantheon animista, è stato dirottato ed è entrato in loro per condurli alla perdizione. (M.P.)
RIFERIMENTI
Abdoulaye Mamani (1980), Sarraounia, L’Harmattan, Paris
https://journals.openedition.org/genrehistoire/1218
Sarraounia, film (1986); regia di Med Hondo.