Caroline, Mery, Joceline e le altre: donne capaci di “misurare il cielo e mettere corde alla terra”
Non v’è campo nella storia dove le donne, anche se lasciate nell’ombra, non abbiano contribuito alla cultura e all’innovazione; l’ostracismo e gli ostacoli da sempre messi sulla nostra strada non ci hanno impedito di emergere. E non serve tornare al Medioevo, molti tempi come quello abbiamo attraversato: solo nel 1945, all’astronoma Margaret Burbidge, classe 1919 e ancora in vita, fu negato l’uso dell’Osservatorio di Monte Palomar perché “provvisto di bagni per soli uomini”.
Nel 1780, l’astronoma Caroline Herschel (1750-1848) scriveva alla sua amica matematica scozzese Mary Somerville (1780-1872) una lettera che non posso, non posso proprio, non trascrivere nella sua interezza:
“William è via e mi occupo dei cieli. Ho scoperto otto nuove comete e tre nebulose mai viste prima dall’uomo, e sto preparando un indice alle osservazioni di Flamsteed, insieme a un catalogo di 560 stelle omesse dal catalogo britannico, oltre a un elenco di errata in quella pubblicazione. William dice che ho un modo con i numeri, quindi gestisco tutte le riduzioni e i calcoli necessari. Pianifico anche il programma di osservazione di ogni notte, perché dice che il mio intuito mi aiuta a girare il telescopio per scoprire ammasso stellare dopo ammasso stellare. L’ho aiutato a lucidare gli specchi e le lenti del nostro nuovo telescopio. È il più grande esistente. Riesci a immaginare l’emozione di trasformarlo in un nuovo angolo del cielo per vedere qualcosa mai visto prima dalla terra? In realtà mi piace che sia impegnato con la società reale e il suo club, perché quando finisco il mio altro lavoro posso passare tutta la notte a spazzare il cielo. A volte quando sono sola al buio e l’universo rivela un altro segreto, dico i nomi delle mie sorelle lunghe e perdute, dimenticate nei libri che registrano la nostra scienza – Aganice di Tessaglia -Ipazia – Hildegard – Catherina Hevelius -Maria Agnesi, come se le stelle stesse potessero ricordare. Sapevi che Ildegarda aveva proposto un universo eliocentrico 300 anni prima di Copernico? che scrisse della gravitazione universale 500 anni prima di Newton? Ma chi l’avrebbe ascoltata? Era solo una suora, una donna. Qual è la nostra età, se quell’età era buia? Per quanto riguarda il mio nome, sarà anche dimenticato, ma non sono accusata di essere una strega, come Aganice, e i cristiani non minacciano di trascinarmi in chiesa, di uccidermi, come hanno fatto in Egitto, Alessandria, con l’eloquente, giovane donna che ha ideato gli strumenti usati per misurare accuratamente la posizione e il movimento dei corpi celesti. Per quanto viviamo, la vita è breve, quindi lavoro. E per quanto l’uomo importante diventi, non è nulla in confronto alle stelle. Ci sono segreti, cara sorella, ed è per noi rivelarli. Il tuo nome, come il mio, è una canzone. Scrivi presto, Caroline”.
Nel 1737, la citata Maria Agnesi inizia a studiare filosofia: dai presocratici a Cartesio e Newton. In un anno attraversa etica, ontologia, logica, cosmologia, meteorologia, biologia, metafisica, fisica, ottica e presenta i suoi progressi durante le “accademie” tenute nei salotti davanti a varie celebrità. Maria Gaetana Agnesi (1718-1799) fu la prima donna ad essere chiamata a ricoprire una cattedra universitaria, all’Università di Bologna. Nominata direttamente da Benedetto XIV, rifiutò l’incarico e decise di non ricoprirlo. Scrisse un commento a Traite analytique des sections coniques du marquis de l’Hôpital che, nonostante l’apprezzamento mostrato dai pochi lettori del manoscritto, non fu mai pubblicato. Vi veniva discussa la curva detta versiera, come ella la battezzò nel 1748. Colson, traduttore inglese del libro della Agnesi, intese versiera come abbreviazione di avversiera, che significa strega, ovvero avversaria di Dio e denominò la curva witch of Agnesi, cioè strega di Agnesi.
Siamo tutte streghe. Andiamone fiere.
Molte persone, quando viene loro chiesto di nominare la prima donna scienziata, dicono immediatamente Ipazia (Hy-pa-ti’-a). La più antica figura femminile nella storia delle scienze è invece En-Hedu-Anna che visse intorno al 2350 a.C. in Mesopotamia. Sumera, nata nella Città di Ur. Lei fu la prima donna a occuparsi di stelle. Fu anche la prima donna che si conosca a scrivere versi di cui ci sia testimonianza. Enḫeduanna, principessa figlia del re Sargon, gestiva col padre gli affari e gli intrighi di palazzo e del regno. Fu una grande sacerdotessa e astronoma: compì precise registrazioni astronomiche delle fasi lunari. La più celebre opera in versi di Enḫeduanna ha come incipit Nin-me-šárra, Signora di tutti i me. «Signora di tutti i me, troppo numerosi per tenerne il conto, che sorgi come una luce splendente». La sentite la forza di questa frase? Signora di tutti i Me! En-Hedu-Anna continua: “La vera donna che possiede una saggezza superiore/Consulta una tavoletta di lapislazzuli/Dà consigli a tutte le terre …/Lei misura dal cielo/Mette le corde di misurazione sulla terra.»
Era egiziana invece Aganice, nata in Tessaglia, astronoma greca, forse la prima vera e propria di cui abbiamo notizia. Una sacerdotessa incaricata di calcolare le posizioni stellari che, all’incirca nel 1850 a. C., viveva alla corte del faraone Sesostri I. Aveva conoscenze astronomiche tali da predire le eclissi lunari: secondo Plutarco fece credere di essere lei stessa con l’arte magica a nascondere la luna. Visse intorno al III-I sec. a.C., l’epoca in cui i babilonesi raggiunsero la conoscenza astronomica necessaria per prevedere le eclissi lunari. E, come il destino di altre scienziate, la sua sapienza, ritenuta arroganza, venne ferocemente punita. Non è chiaro se le voci di stregoneria nacquero spontaneamente dalla superstizione del popolo o piuttosto dal suo stesso rivendicare un potere e una libertà dei quali – in quanto donna – non avrebbe dovuto godere. Fatto sta che l’ignoranza produsse paura, e la paura che provocò nella gente la travolse. La triste fine di Aganice era prevedibile. Accusata di essere a capo delle baccanti, di essere una maga dai grandi poteri e di far scomparire la Luna, mentre studiava il nostro satellite dalla cima del monte Ossa fu gettata in un precipizio.
Pian piano cavalcando le onde del tempo arriviamo a Ipazia, che studiò Euclide e Tolomeo: astronoma, matematica e scienziata. Vittima del conflitto tra fede e ragione, con ovviamente l’aggravante ovvia di essere donna, fu messa a morte dal vescovo Cirillo.
E il nome Jocelyn Bell (1943 – ), mai sentito? Quando era ancora studentessa scoprì, in modo inaspettato e sorprendente le pulsar, stelle costituite prevalentemente da neutroni mantenuti insieme dalla forza di gravità, incomprensibili a quel tempo ai più, poiché non si inserivano ancora nel contesto teorico dell’epoca. Ascoltando il rumore di fondo della registrazione compiuta sul cielo, scoprì un segnale che pulsava regolarmente più o meno una volta al secondo e che venne poi identificata come una stella di neutroni rotante ad altissima velocità: le pulsar appunto. Il Nobel per la scoperta però non fu ovviamente assegnato a lei, ma al docente relatore della sua tesi, il professor Antony Hewish. Jocelyn riceverà un riconoscimento solo 44 anni dopo, con l’assegnazione dello Special Breakthrough Prize.
E Caroline Lucretia Herschel, la conoscete? Nata nel 1750 e morta novantasettenne, lavorava come governante prima di affiancare il fratello William (scopritore di Urano) nello studio della volta celeste. Caroline diventò tanto brava da meritarsi uno stipendio assegnatole dal re e la medaglia d’oro della Reale Società di Astronomia, di cui divenne primo membro donna.
La scozzese Mary Fairfax Somerville (quella della lettera, nel ‘700 dovette studiare di nascosto contro la volontà sia del padre che del marito, ma alla fine divenne anche lei una delle prime due donne elette membro onorario della Royal Astronomical Society. Era una vera e propria outsider. Fu duramente criticata per aver sostenuto, sulla base di prove geologiche, che la terra era estremamente antica, molto più antica di quanto affermato nella Bibbia, motivo per cui venne considerata una “senza Dio”. Era invece un’attenta osservatrice della realtà e fu tra le prime scienziate a promuovere il rispetto e la tutela della natura e a prevedere la futura estinzione di numerose specie animali a causa delle attività dell’uomo. È sepolta nel cimitero cattolico di Napoli. Mery amò immensamente Napoli e siccome la ricordano ormai anziana seduta su una seggiola, lungo la riviera di Chiaia, la sua tomba è rappresentata da una bellissima statua di Francesco Jerace che la coglie seduta, assorta con lo sguardo pensante.
Hildegarda di Bingen la conosciamo tutte invece. Una su mille ce la fa! Aristocratica sassone del 1098, rinchiusa giovanissima dalla famiglia in convento, studiò e preconizzò la struttura eliocentrica dell’Universo, secoli prima di Copernico. Eppure si chiama la Rivoluzione copernicana, non Hildegardiana, che suonerebbe anche meglio!
In altri casi, l’incontro con la scienza è stato casuale come per Willelmina Paton Stevens Fleming, maestra scozzese che si trasferì in America con il marito: quando il matrimonio finì, lei, sola e incinta, trovò lavoro come domestica del direttore dell’Osservatorio di Harvard, che la incaricò, siccome non faceva abbastanza, di analizzare le lastre fotografiche del cielo. Chi avrebbe detto che quello sarebbe stato l’inizio di una carriera che le frutterà la nomina di socio onorario della Royal Astronomical Society di Londra?
Beh ovviamente la Marghe (Margherita Hack) l’ho tenuta per ultima. “Siamo tutti fatti della stessa materia delle stelle”, diceva Margherita, che sempre sarà nel mio cuore per la passione con cui ha fatto conoscere a tutti noi una scienza che è sempre sembrata così lontano dalla vita quotidiana, pur governandola a nostra insaputa. Era un personaggio straordinario: vegetariana da sempre e atea convintissima, energica e incurante di come appariva in pubblico (diceva che era stata dal parrucchiere una sola volta nella vita). Una donna che col suo linguaggio ha conquistato menti e cuori. Margherita è l’emblema della donna libera, scienziata, che si batte per i diritti civili, per le donne, per i gay, sempre con il suo sorriso sincero, i capelli spettinati, la sua incredibile energia e l’indimenticabile accento toscano.
Di noi donne diceva: “La colpa di Eva è stata quella di voler conoscere, sperimentare, indagare con le proprie forze le leggi che regolano l’universo, la terra, il proprio corpo, di rifiutare l’insegnamento calato dall’alto, in una parola Eva rappresenta la curiosità della scienza contro la passiva accettazione della fede.” E intanto andava in giro per osservatori americani ed europei come membro dei gruppi di lavoro dell’ESA e della NASA. Osservava, studiava e dubitata. Dubitava sempre, di quel dubbio cartesiano che ci fa dire “penso, dunque sono”. Ci ha lasciato una grandissima lezione di vita.
“La disobbedienza civile è necessaria quando le leggi sono contro la democrazia e la libertà. Se un vostro articolo dovesse violare la legge, pubblicatelo pure con il mio nome.” (M.H.)