LA SCELTA DI VIRGINIA
Il mattino del 28 marzo 1941 Virginia esce di casa col suo bastone da passeggio; ma non è una passeggiata come tante, come quelle che ha fatto sempre, come quelle che ama tanto fare a Londra e che ora non può fare a causa della guerra. Per scrivere lei ha bisogno di camminare. Ora invece arriva ad una sponda del fiume Ouse, si riempie le tasche delcappotto di pietre pesanti e si immerge nell’acqua; lascia che l’acqua la trascini, la sommerga, la privi del respiro. Il suo orologio si ferma alle ore 11 e 45. Il suo corpo viene ritrovato, per caso, solo venti giorni più tardi, avvistato da un gruppo di ragazzini che all’inizio lo scambiano per un tronco trasportato dalla corrente.
Era una donna potente Virginia. Il suo potere erano le parole, lo strumento per sopraffare i suoi Demoni e trasformarli in materia creativa. Ma negli ultimi tempi l’irreale realtà della guerra, lo squallido scenario della vita quotidiana, la progressiva spoliazione di tutto ciò che ritiene renda degna la vita di essere vissuta, l’incapacità di riuscire a credere a prospettive future, hanno reso più forti i suoi Demoni, teme di non poterli più controllare. Confessa di non avere più potere sulle parole, e per lei niente è reale se non quando scrive. E’ stanca Virginia. Gli Abissi li ha visitati, esplorati ed accettati lungo il corso dei suoi 59 anni. E ogni volta ne è riemersa. Stavolta sente che non ce la farà.
La morte diventa la cura, la risposta. Si era promessa di non cedere di un centimetro al nulla, finché le rimaneva qualcosa. Ma ora i Demoni, rinvigoriti dalle privazioni, sono accanto a lei, dentro di lei, possono privarla di se stessa. In quel suo gesto finale, in quel suo lasciarsi andare definitivamente e volontariamente a quelle liquide Profondità, vi è l’atto di libertà e verità di una donna piena di passione per la vita, a cui è stata sempre tenacemente aggrappata fino a quando non l’ha vista e sentita come terra devastata dall’ insensatezza e da inaccettabili mostruosità.
Tanti altri in quegli anni scorsero il vuoto e un punto di non-ritorno, e trovarono finalmente nell’immobilità della morte un movimento verso la pace.
Furono centinaia le lettere che arrivarono a Leonard, il marito di Virginia, di persone a lei vicine dispiaciute e sconvolte dalla sua scomparsa; riportiamo qui la lettera di Shena D. Simon (pedagogista, militante femminista e pacifista):
5 aprile 1941
Caro signor Woolf
sento di doverle dire che conoscere Virginia, anche solo per quel tanto che ho potuto conoscerla, è stata una delle cose migliori che mi siano mai capitate. Da tempo ammiravo i suoi scritti, specialmente “Una stanza tutta per sé” che mi porto sempre dietro in cartella, ma ogni volta che la vedevo ne uscivo sempre sentendomi stimolata e liberata. Mi ha fatto guardare I problemi da un angolo nuovo – perfino quelli riguardanti la relazione fra uomini e donne che pensavo di aver studiato a fondo. Il suo atteggiamento era tanto più sensato e tanto più essenziale di tutti quelli che avevo incontrato prima. “Tre ghinee” mi sembra di gran lunga lo studio più acuto delle cause fondamentali della guerra che abbia mai letto. Sono certa che tra non molto sarà riconosciuto come tale, anche se temo non finché dura la guerra.
La sua morte è la peggiore fatalità della guerra e la sua massima condanna. Sono orripilata dalla rapidità con cui si fa il callo a quello che succede, del resto immagino che sia inevitabile se si deve sopravvivere all’orrore presente e a quello che verrà. Ma una persona sensibile e civile come Virginia non aveva scelta. Suppongo che sentisse di aver compiuto la sua opera, e quale grande e varia impresa ci lascia.
La prego di perdonarmi per averle scritto. Volevo solo che sapesse che sento la sua perdita non solo come grande artista e pensatrice brillante, ma come una di quel gruppo sempre più piccolo di persone che contano davvero nella mia vita.
Molto cordialmente
Shena D. Simon
Si consiglia la lettura del bellissimo testo di Nadia Fusini, Possiedo la mia anima – il segreto di Virginia Woolf, Mondadori, 2010 e di Lettere in morte di Virginia Woolf. a cura di Sybil Oldfield, La Tartaruga Edizioni, 2006
(R.M.)