La breve assurda immorale scandalosa vita di Margareth Fuller
Lascia che ogni donna, una volta che ha iniziato a pensare, indaghi su se stessa.
Let every woman, who has once begun to think, examine herself
(Margaret Fuller)
Vorrei raccontare questa storia partendo dalla fine. È il 19 luglio del 1850 quando, a poche miglia ormai da New York, si scorge la costa e si vede nitidamente il profilo di Fire Island. La nave su cui viaggia Margaret Fuller è partita da Livorno all’inizio di maggio per un’avventura senza fine, sarà invece la Fine a trovarla: prima tutti i passeggeri rimangono fermi a Gibilterra, in quarantena, per il vaiolo a bordo; poi, dopo mesi di navigazione sull’oceano, quando ormai il viaggio è al termine, il mare si fa grosso, arrabbiato, e il mercantile su cui Margaret viaggia con suo marito, l’italiano Giovanni Angelo Ossoli e il loro figlioletto Angelino, non ce la fa a reggere la furia del vento. La tempesta è implacabile e la nave s’incaglia in un banco di sabbia. E si spezza. Letteralmente. Bisogna abbandonare la nave! Tutti si buttano, anche lei, e tutti spariscono fra le onde. Questa è la Fine.
Margaret Fuller ha vissuto solo 40 anni, nel corso dei quali ci ha lasciato una lezione di vita e cultura che non può essere assolutamente dimenticata. È stata una giornalista americana, una femminista ante litteram, una donna erudita e coraggiosa. Nasce nel 1810 a Cambridgeport, in Massachusetts, figlia di un noto avvocato di Boston e fin da piccola viene educata personalmente dal padre: già nei suoi primi anni è sottoposta a uno studio intenso e costante, e ogni sera, prima di dormire, Timothy Fuller la interroga per assicurarsi che abbia imparato tutto quanto. E bene. Margaret a sei anni studia già il latino e a sette legge con facilità Virgilio e Ovidio. È grazie a questo che diventerà così istruita e poliglotta.
E poi Cervantes, Molière, Goethe, la filosofia, la storia, le lingue moderne. Tutto ciò alimenterà fortemente le sue inclinazioni verso le tematiche dell’indipendenza e dell’emancipazione femminile, ma contribuirà anche a farla sentire diversa dalle sue compagne di scuola, che la confineranno in una specie d’ isolamento considerandola una sorta di saccente e arrogante antipatica a causa della sua preparazione così avanzata. Margaret pagherà un prezzo molto alto per il suo sapere: fin da bambina soffrirà d’ insonnia, avrà problemi alla vista e sarà afflitta da fortissime emicranie. Tale sforzo, che la costringe a superarsi, lei lo definirà poi il suo lato energico, maschile, colto.
Quando legge Ralph Waldo Emerson ne resta folgorata: “La società dovunque cospira contro la maturazione di ciascuno dei suoi membri. La società è come una compagnia i cui soci hanno concordato che al fine di meglio assicurare il pane a ciascun azionista, colui che lo mangia rinuncia però a libertà e cultura. La virtù più ricercata è il conformismo. La fiducia in se stessi ne è la piena antitesi. Il conformismo non ama le realtà autentiche, né gli spiriti creativi, ma solo nomi e consuetudini”. Diviene amica del poeta col quale fonda, insieme ad altri trascendentalisti, la rivista politico-letteraria The Dial che, dal 1840 al 1842, viene chiamata a dirigere.
Su questa pubblica il suo primo saggio Il grande processo: l’uomo contro gli uomini, la donna contro le donne. La sua personalità è un perfetto equilibrio di yin e yang: la self-reliance (fiducia in se stessi) e di self-impulse (impulso ad agire). Essere e agire. Aristotele docet. Nel 1843 dalla penna di Margaret Fuller si può dire che prenda vita il primo manifesto femminista americano. «È tempo, in questo tempo, che la Donna, l’altra metà dello stesso pensiero, l’altra stanza nel cuore della vita, prenda il suo turno e inizi a pulsare appieno; e si migliorerà la vita delle nostre figlie femmine, cosa che sarà di massimo aiuto perché migliorino e mutino anche i nostri giovani figli maschi».
Da queste sue parole avrà impulso la spinta verso la Dichiarazione dei sentimenti di Seneca Falls del 1848, pilastro dell’uguaglianza di genere negli Stati Uniti di fine Ottocento. “La storia dell’umanità è una storia di ripetuti affronti e usurpazioni da parte dell’uomo verso la donna, avviati direttamente verso la stabilità di una tirannia assoluta su di lei”. Nell’opera Estate sui laghi Margaret inserisce le sue teorie progressiste e femministe che le procureranno una certa notorietà e l’assunzione come giornalista nel New York Tribune.
È la prima donna a essere assunta come giornalista da una testata importante. Nel 1845 a trent’anni pubblica “La donna nell’Ottocento”, in cui spiega come l’integrazione della donna nella vita pubblica avrebbe condotto a una femminilizzazione della cultura, cosa che avrebbe messo fine ad ogni forma di violenza, inclusa l’uccisione degli animali per l’alimentazione umana (è infatti anche sostenitrice del vegetarismo per sensibilità verso le sofferenze animali). Dalle pagine del New York Tribune, insiste sulla necessità di una maggiore emancipazione femminile, sia politica che sociale.
Woman in the Nineteenth Century è il primo libro scritto in America che parli senza mezzi termini di uguaglianza tra uomo e donna. “Il maschio e la femmina rappresentano i due aspetti del grande dualismo radicale. Ma nei fatti sono in fase di perpetuo passaggio dentro l’un l’altro. I fluidi si induriscono in solidi, i solidi si liquefanno in fluidi. Non c’è un uomo completamente maschio, e nessuna donna puramente femmina.”
Fuller viene definita arrogante, pedante, aggressiva, sgradevole e mascolina. In una settimana intanto tutte le copie del libro vengono esaurite: 1500 copie, con copie pirata anche in Europa. Viene giudicato absurd, immoral, scandalous. ASSURDO, IMMORALE E SCANDALOSO? Troppo dirompente e rivoluzionario. «…è giunto il momento che sia Euridice a chiamare Orfeo, piuttosto che Orfeo a chiamare Euridice».
Nel 1846 il New York Tribune deve inviare un corrispondente in Europa per intervistare i celebri intellettuali dell’epoca e le idee libertarie e repubblicane che si facevano strada. Viene scelta Margaret, molto amata dai lettori e con un’ottima capacità descrittiva. Inoltre conosce benissimo buona parte delle lingue europee. Che smacco per tutti quei giornalisti maschi, eh? Sono in tanti infatti, sia uomini che, ahimè, donne, (come accade spesso anche oggi quando una donna forte ascende finalmente al ‘potere’) a sentirsi minacciati da ciò che lei pensa e scrive. La sua personalità è così pronta, forte e inarrestabile per quei tempi, che perfino gli amici all’interno del circolo dei Trascendentalisti la guardano con sospetto.
Emerson, Thoreau e Hawthorne sono tutti impegnati a tesserne le lodi ma poi, dopo la sua tragica e prematura morte, ne riscrivono una storia che non rispecchia affatto chi Lei sia stata davvero. Fuller non è mai stata considerata bella ed è stata spesso etichettata in modo derisorio: Emerson la definisce di “estrema semplicità”, Nathaniel Hawthorne la denigra per non “non avere il fascino della femminilità”. Oliver Wendell, e più tardi Holmes, danno giudizi severi su Fuller, chiaramente basati sull’idea di lei come femminista minacciosa: acuta, istruita ma invidiosa dell’intelligenza maschile! Per il suo rifiuto ad aderire ai tradizionali ruoli di genere non le si “poteva perdonare l’ essere brutta”.
Recenti opere identificano la malizia dell’establishment letterario nei confronti di Margaret Fuller come la fonte della moderna caricatura della “femminista come donna non attraente”. Fu con censure e derisioni di questo tipo che gli uomini di potere esercitarono, ed esercitano, un forte controllo sul sapere e la cultura, dimezzandolo, assottigliandolo, rinsecchendolo e rendendolo la metà di un intero. Una metà maschile, esclusiva, che zittisce la parte femminile, esercitando la propria deteriorata parte di potere vigente nel tentativo di resistere alle invasioni di quel campo, ritenuto riservato al proprio dominio, forse per diritto divino chissà. E chissà cosa avrebbe scritto Margaret se fosse vissuta altri 30 anni! Chissà quali altri polveroni avrebbe sollevato e che bellissime idee “assurde, immorali e scandalose” avrebbe pubblicato per risvegliarci. Al naufragio dell’Elisabeth in molti tirarono un sospiro di sollievo.
Da inviata Margaret ha intervistato personaggi come Thomas Carlyle, George Sand, Wordsworth, De Quincey. E ha conosciuto il nostro Giuseppe Mazzini. Convinta dai suoi infervorati racconti sulla libertà, arriva in Italia, e durante le gloriose giornate della Repubblica Romana, decide che scrivere non basta più. Essere è agire!
Conosce così Cristina Trivulzio di Belgioioso, patriota, giornalista e scrittrice, oltre che editrice di giornali rivoluzionari.
Cristina chiede a Margaret di presiedere l’ospedale Fatebenefratelli sull’isola Tiberina. Qui Fuller incontrerà una giovane ragazza inglese che ha interrotto il suo “grand tour” europeo per fermarsi a Roma ad aiutare i feriti. È Florence Nightingale, che, a soli 28 anni, decide di dedicare la vita all’assistenza dei feriti e dei malati di guerra e diventerà la fondatrice dell’assistenza infermieristica moderna. Quando leggo queste storie penso sempre che nella maggior parte dei casi della vita, i famosi sei gradi si separazione non siano sei, ma al massimo tre o quattro!
Nell’incontro Margaret anticipa al Fatebenefratelli quella riorganizzazione degli ospedali militari che verrà poi messa in atto sul campo da Nightingale durante la guerra di Crimea nel 1854!!
Nella sua breve vita Margaret, oltre ad aver contribuito ai fondamenti del femminismo americano, è stata una delle prime donne giornaliste del Paese, la prima a scrivere un libro-radiografia del West, la prima a lavorare per giornali come il «New York Daily Tribune» e il «The Dial Magazine» la prima rivista letteraria negli Stati Uniti. La prima a diventare corrispondente dall’estero, la prima donna critico e traduttrice degli scritti di Goethe in America. E la prima a denunciare e chiedere migliori condizioni di vita per le donne nelle prigioni di New York, nei manicomi e nelle istituzioni, molto prima di Nellie Bly. La prima a organizzare sessioni di formazione per le donne, sostenendo a gran voce che le donne sono dotate di menti pensanti :«women did have minds». Se non è rivoluzione questa…
Cara Margaret, tu che sapevi dire “io accetto l’universo” a un mondo che non era pronto ad accettarti.
Grazie allora delle tue lezioni, nel così breve lasso di tempo che ti è stato concesso.
Anche io, come te, mi sento “soffocare e mi perdo quando non ho la brillante sensazione di progredire.” (J.F.)
Fonti:
http://www.enciclopediadelledonne.it/biografie/margaret-fuller/
“Margareth Fuller, la madre del giornalismo femmminile” da www.unosguardoalfemminile.it