Kuki e Diane : Custodi della Madre Terra
La Terra è talmente legata all’essere umano da essere presente in ogni cultura, chiamata con diversi nomi, che significano tutti: Madre Terra. Che sia Gea, o Pachamama, o Cibele, o Magna Mater, o Mater Matuta per gli etruschi, tutta la sua simbologia riconduce sempre alla Grande Madre, Dea della Natura e della Spiritualità. La Grande Madre è una divinità femminile primordiale, che esprime l’interminabile ciclo di nascita-sviluppo-maturità-declino-morte-rigenerazione che caratterizza sia la vita umana che tutti i cicli della natura e del cosmo. Il femminile, rappresentato dalla Terra, è l’elemento necessario per la mediazione fra il mondo umano e quello divino. Il culto della Grande Madre risale sicuramente al Neolitico e forse addirittura al Paleolitico. Nel periodo storico che va dal 30.000 al 1.000 a.C. si trovano in tutto il mondo numerose e simili figure e sculture femminili che rappresentano la Dea Madre.
La spiritualità della Grande Madre si è rivolta all’aspetto femminile e materno di Dio: è a Lei che la vita ritorna per rinascere come nei cicli della vegetazione. La Terra, Madre e Dea in tutte le sue manifestazioni, è il simbolo dell’unità di ogni forma esistente in natura. Il suo potere è nell’acqua, nelle pietre, negli animali, nelle colline, negli alberi, nei fiori, in tutto il mondo. Nelle civiltà antiche della Grecia e d’Egitto infatti erano le Donne che preservavano e proteggevano lo spazio sacro dei templi e delle città. Erano le Guardiane del Fuoco Sacro, le Custodi di questo culto e le Iniziatrici ai Grandi Misteri della Madre Divina (la Natura). Ma per quanto grande il mio interesse per il sacro femminile, e le civiltà il cui culto si fondava sulla Dea Madre, vorrei oggi parlare di due donne incredibilmente coraggiose, custodi del Fuoco sacro della Dea Madre, che spendono la loro esistenza, e lo fanno per noi tutti, cercando di salvaguardare la Terra, gli animali, la Vita. Rischiando la loro. Proprio come facevano le nostre partigiane. In prima linea. Proprio come faceva Irma Bandiera, eroina della Resistenza, rischiando torture, linciaggi e pallottole vaganti.
Sto parlando di Kuki Gallmann e Diane Fossey.
Kuki si è trasferita in Kenya nel 1972. Viene definita scrittrice e ambientalista ma è davvero restrittiva questa definizione per una donna come lei. Ci vuole coraggio a farsi sparare per difendere qualcosa, anche se tutti i giorni diciamo che è importante; anche se è la terra su cui camminiamo, che ci dà l’acqua e ci nutre; anche se è la terra che ci accoglie, finiamo quasi sempre per dimenticarcene. Ci vuole coraggio per difendere un Luogo che neppure è il tuo paese, ma che, tuttavia, ritieni tale. Ci vuole coraggio, tanto, per mettere a repentaglio la propria vita per difendere l’Africa. Quante parole di rispetto spendiamo sulla dea madre, sulla madre terra, e poco dopo siamo capaci di usare quantità inutili di brillantante in lavastoviglie, di ammorbidente in lavatrice, e di versare olio esausto nel lavandino ( c’è ancora chi lo fa, anche tra alcune mie incivili amiche!). Non pensiamo a dove vanno tutte quelle sostanze? Torniamo a Kuki Gallmann….
Kuki possiede una proprietà in Kenya di 400 km quadrati. Questa terra è Riserva Naturale protetta. Protetta, da lei. Si è fatta sparare Lei, per la Terra. Al giorno d’oggi il Kenya è soggetto a una forte deforestazione legale e illegale, all’estrazione massiva del carbone, ai pascoli illegali e al bracconaggio spietato nei confronti di specie rare e protette come leoni, leopardi e elefanti, che ha effetti drammatici anche sui fiumi che nascono dalle riserve d’acqua della montagna. È questo che difende Kuki. «La terza pallottola si è fermata a pochi millimetri dal cuore ma restare a proteggere questa terra è un privilegio quindi resterò fino alla fine».
Questo è essere Terra, non solo difenderla. La terra, stabile, solida, irremovibile. Kuki Gallmann è stata colpita ad aprile dello scorso anno, in un agguato tesole poco dopo l’incendio doloso appiccato ad alcune abitazioni della sua proprietà: le hanno sparato mentre controllava i danni alle case dentro la riserva Ol Ari Nyiro, nella contea di Laikipia. La comprò col marito, ma mentre era incinta lui morì. Poteva andarsene, ma restò. Ama l’Africa e qui ha messo Radici. La sua radice più grande: sua figlia Sveva. In Africa, tre anni dopo, ha perso anche l’altro suo figlio Emanuele, morso da una vipera. «È stato allora — ricorda — che ho capito che niente mi avrebbe più fatto paura. Promisi a loro che avrei difeso la riserva che tanto amavano». Dopo l’agguato, dal letto della sua casa a Nairobi, gestiva la sua resistenza come da un quartier generale partigiano, solo più moderno: la sua rete di informazione era fatta di smartphone e tablet, mandava e riceveva più notizie possibile, notizie in tempo reale. Alla fine ventotto poliziotti sorvegliavano la sua fattoria, perché i pastori illegali avevano ucciso trenta buoi come forma di odiosa intimidazione. La Gallmann gridava dolente e indignata “Un sequestro sarebbe stato sufficiente!” “Perché devono uccidere gli animali?”
Quando Kuki Gallmann è stata colpita, si è sdraiata in attesa di soccorsi, all’ombra dei suoi due alberi di acacia preferiti; col sangue che le impregnava l’improvvisata fasciatura che si era fatta attorno al ventre. È stata colpita di striscio da due colpi, ma la terza pallottola le ha penetrato il torace, subito lì, dietro il cuore. Pensò che stava per morire, e pensò anche: “Se muoio qui almeno muoio nel posto giusto.” E mentre gli uccelli cantavano e il sole la scaldava, fortunatamente l’elicottero di soccorso è arrivato, o sarebbe stata la morte.
Kuki Gallmann dopo due mesi era già in piedi. Gli spari e l’operazione le avevano distrutto i muscoli del ventre e non riusciva a stare seduta. Ma in piedi sì, come una Montagna. Nostra signora Tadasana. I suoi piedi sono forti come le sue mani. A più di 74 anni ce l’ha fatta. Questa donna graziosa dai capelli bianchi non vuole cedere. Le fattorie della contea di Laikipia sono terrorizzate da nomadi armati di etnia Pokot e Samburu. Mandano a pascolare centinaia di migliaia di buoi sui terreni coltivabili dei farmer. Per i politici e altri ricchi keniani l’affare del bestiame è una buona opportunità d’investimento. Le tasse bassissime equivalgono a tangenti pulite e le superfici di pascolo sono disponibili praticamente gratis. Nella zona della Gallmann detta legge il samburu Mathew Lempurkel, deputato della circoscrizione elettorale locale e proprietario di cinquemila capi di bestiame, molti dei quali vengono fatti pascolare illegalmente. Tutto quello che ci cresce diventa cibo per gli animali. E la Terra una landa arida e deserta. Ol Ari Nyiro è una delle poche aree che può definirsi biosfera, con una vasta foresta vergine, 60 sorgenti, specie endemiche, ed è a sei ore da Nairobi. È da questo Luogo, il ‘Luogo delle primavere scure‘, come è chiamata in swahili la riserva Ol Ari Nyiro, della cui Anima lei si è fatta Custode.
Vorrei ricordare, non posso proprio farne a meno, anche Diane Fossey. Di lei si è parlato tanto. Poi, dopo gli anni ’90; non se n’è parlato più. Non dimentichiamola. Non dimentichiamo questa donna incredibile e meravigliosa. Diane Fossey, fotografa e zoologa, si laureò nel 1954 in veterinaria all’Università della California. Nel 1963, Diane Fossey prese un periodo di aspettativa di sette settimane dal suo lavoro di terapia occupazionale infantile per viaggiare in diversi paesi dell’Africa: Kenya, Tanzania, Congo e Zimbabwe. Questi viaggi segnarono una svolta nella sua vita: tre anni dopo, nel 1966, Fossey si licenziò e dopo avere ottenuto i fondi necessari iniziò le ricerche in Congo sui gorilla. Era tutto nuovo, quasi un’utopia, nessuno sapeva come avvicinarsi a loro ma lei, prendendo spunto dalla sua esperienza professionale precedente con i bambini autistici, scoprì che imitando le loro azioni e i loro suoni, e mantenendo un comportamento remissivo, riusciva ad abituarli alla sua presenza.
Nel 1967, Fossey si trasferì in una foresta sperduta e inospitale del Ruanda, dove fondò il Centro di Ricerca Karisoke. Qui la sua attività iniziò a concentrarsi contro i bracconieri responsabili della morte di decine di gorilla, fino a divenire una vera e propria lotta. Diane s’impegnò in un’ostinata e inflessibile Resistenza combattendo incessantemente i continui tentativi di diversi enti ruandesi di toglierle il controllo del Centro di Ricerca ( per trasformarlo in una meta turistica). Fossey pagò con la sua vita. Fu brutalmente uccisa il 26 dicembre 1985 con il panga, un arnese locale usato dai bracconieri per colpire a morte quei gorilla che lei amava e l’amavano. L’unico condannato da un tribunale ruandese fu Wayne Richard McGuire, l’allora assistente di Fossey, che però si rifugiò negli Stati Uniti, e non esistendo un trattato di estradizione tra Ruanda e Stati Uniti, non scontò mai la pena.
Anche gli aggressori di Kuki sono fuggiti. Lei crede di conoscerli e gli abitanti di un villaggio vicino, dove lei fa parte del consiglio degli anziani, li hanno identificati. Ma nessuno è stato arrestato. Hanno punito qualcuno per Diane Fossey? Hanno punito qualcuno per Kuki Gallmann? Nessuno viene arrestato quando ci sparano nelle foreste. Fanno fatica a farlo quando ci accoltellano qui, figurarsi in quei posti sperduti…. Quando ero piccola Fossey era un’eroina per me. Lo sarà sempre. Come Kuki e sua figlia Sveva. Le nostre Madri Terra. (R.F.)
Video:
Non perdete il video dell’intervista su Raiplay a Kuki Gallmann di Sabrina Giannini: https://www.youtube.com/watch?v=KX5osGLRb7Q
https://www.youtube.com/watch?v=-7caGCKECO4
Fonti:
The Post- 16 gennaio 2014: La zoologa statunitense Dian Fossey nota per essersi dedicata allo studio dei gorilla era nata 82 anni fa oggi
Repubblica.it- 6 luglio 2017 La sfida di Kuki: “Mi vogliono morta ma resto in Africa a difendere i miei sogni” di Christian Putsch
Die Welt / LENA, Leading European Newspaper Alliance Traduzione di Carlo Sandrelli