Agathe, eroina di pace
Al grande massacro del Ruanda (1994), una donna, quasi da sola, cercò di opporsi. Agathe Uwilingiyimana nacque nel 1953 nel piccolo villaggio di Nyaruhengeri in quello che era all’epoca il Ruanda-Urundi, protettorato Onu dopo la fine della colonizzazione prima tedesca e poi belga. Soltanto nove anni dopo saranno divisi e resi indipendenti i due stati del Ruanda e del Burundi. Nyaruhengeri si trova vicino al confine, ma appartiene al primo. Agathe è figlia di una famiglia modesta e numerosa di agricoltori di etnia hutu. Qui bisogna aprire una parentesi. È noto che il dominio belga, comprendente gran parte dell’Africa centrale (il Congo era addirittura un possedimento privato del re Leopoldo II, che lo sfruttò senza pietà), ha lasciato dietro di sé devastazioni e conflitti. Una delle tante porcherie fu quella di distinguere due gruppi che prima convivevano e si mescolavano pacificamente: gli hutu, agricoltori, e i tutsi, pastori. Questi ultimi, magri, col naso affilato e le gambe lunghe, assomigliavano in qualche modo ai belgi che, modestamente, li ritennero più intelligenti ed affidarono loro gli incarichi coloniali, benché fossero una minoranza. La divisione era lombrosianamente empirica, perché se in una famiglia tutsi nasceva un individuo basso e grasso … diventava un hutu. Ovviamente questo divide et impera generò da subito sanguinosi conflitti. Proclamata l’indipendenza, gli hutu si rivoltarono contro i tutsi, che dovettero fuggire in massa oppure sopravvivere malamente in patria.
Torniamo alla nostra Agathe, che dimostra fin da piccola intelligenza, tenacia e spirito di servizio. Grazie a queste doti riesce ad entrare nel prestigioso liceo delle suore cattoliche di Notre Dame de Citeaux a Kigali, la capitale. Qui prende il diploma di insegnamento, cui farà seguito la specializzazione nell’indirizzo chimico-matematico. Con un compagno di classe, Ignace Barahira, nato nel suo stesso villaggio, inizia il grande amore che si concluderà con la morte di entrambi. Si sposeranno nel 1976 e avranno cinque figli; si dice che Agathe sia incinta quando viene uccisa. Lui è un uomo schivo, tanto quanto lei è estroversa, allegra, vulcanica e combattiva, se è il caso. Il suo soprannome, in lingua kinyarwanda è “ingare”, che significa, più o meno, ribelle. Insegna, poi si iscrive all’università e prende la laurea in chimica, poi torna ad insegnare. Nel mentre, si occupa della casa e dei bambini, aiuta gli studenti cacciati dall’università perché tutsi, fonda una cooperativa di solidarietà sociale e infine, per la fama che si è fatta in questo impegno, viene chiamata a dirigere il Dipartimento delle piccole e medie industrie del Ministero del Commercio. Si capisce perché, in alcune foto, ha un’aria sbattuta!
Agathe è l’unica donna in un ruolo così elevato, ma sa farsi rispettare e amare da colleghi e sottoposti. Si impegna a fondo sulla questione femminile e fonda, assieme ad altre intellettuali, l’associazione Seruka, un laboratorio di idee ed esperienze per la parità di genere, l’educazione, la tutela dell’ambiente e il sostegno all’imprenditoria femminile. Quando viene nominata Ministro della Istruzione, il primo decreto è a favore delle ragazze che, una volta scoperta la gravidanza, non verranno più cacciate dalla scuola com’è in uso da sempre. Ma di quale governo entra a far parte? La questione è complicata. La presa del potere da parte degli hutu generò in breve uno dei soliti dittatori africani: Juvénal Habyarimana, in carica dal 1973 con un partito unico, il MRND (lascio l’acronimo perché il nome intero è lungo e totalmente mendace). E, come al solito, dopo un paio di decenni di corruzione, malversazioni, persecuzioni etniche e politiche, il paese stava andando a rotoli. L’opposizione era costituita dal Rwandese Patriotic Front (RPF), formato da tutsi armati fino ai denti rifugiati nei paesi limitrofi, e da alcuni piccoli partiti interni che tentavano con difficoltà di affermarsi e riparare i danni della dittatura. Di uno di questi, il Parmehutu Mouvement Démocratique Répubblicaine (MDR), faceva parte Agathe. Che fu una grandissima ingenua. I suoi compagni di partito, infatti, erano anch’essi fanatici pronti a massacrare i tutsi, ma abilmente stettero al gioco. La commedia andò avanti con lotte intestine fra MRND e MRD e anche tra fazioni all’interno dei singoli partiti e tra singoli esponenti delle varie fazioni dei singoli partiti. Alla fine, tutti credettero di aver trovato la foglia di fico: Agathe Uwilingiyimana venne nominata Primo Ministro. Una donna, si riteneva, sarebbe stata docile e facilmente manovrabile. Non lo fu!
Il 4 agosto 1993 vennero firmati gli accordi di Arusha (in Tanzania) fra i tutsi del RPF e il Ruanda per la creazione di un nuovo governo di transizione che portasse al rientro dei profughi e alla pace. Mai un tradimento fu più grande: gli hutu si stavano già armando con 500.000 machete che arrivarono dalla Cina. Agathe, raccolto un piccolo gruppo di brave persone di etnia hutu, ma moderate e coraggiose, assolutamente contrarie ad ogni conflitto, iniziò contatti reali con il RPF, sventò una congiura contro una delegazione tutsi in visita, tenne testa con coraggio al presidente/dittatore, cercò aiuti all’estero. Così si attirò un odio spietato. Tentarono di deporla dalla carica. Gli alti ufficiali dell’esercito rifiutarono di obbedire ai suoi ordini. La famigerata Radio delle Mille colline, che tanta parte ebbe nell’incitare al genocidio, cominciò una campagna infamante contro di lei.
Il 6 aprile 1994, l’aereo su cui viaggiava Habyarimana di ritorno da Dar-es-Salaam fu colpito da un missile e si disintegrò. La colpa venne immediatamente attribuita ai tutsi e il fiammifero diede fuoco alla benzina. Le milizie interhamwe, affiancate da reparti dell’esercito regolare, da sindaci, poliziotti e anche sacerdoti, iniziarono la strage, uccidendo in un mese circa 800.000 persone. Le fosse comuni erano talmente piene che il sangue traboccava nel terreno. Come già nei Balcani, il vento della follia si alzò e persone finora tranquille e oneste si trasformarono in spietati assassini, anche di amici e parenti. Fra i primi a cadere furono gli hutu che si opponevano alla carneficina: di intralcio e testimoni pericolosi. Agathe era protetta da dieci soldati belgi del contingente di pace ONU e dalle guardie presidenziali. Furono queste ultime a tradirla e a darle la caccia nel compound internazionale in cui aveva trovato rifugio assieme alla famiglia. Per proteggere i figli, Agathe e il marito si consegnarono e furono immediatamente uccisi assieme all’amico e consigliere Ignace Magorane. Poco dopo, anche i caschi blu vennero barbaramente trucidati. In questo finale shakespeariano, la moglie del dittatore Habyarimana, pure lei di nome Agathe, volle ad ogni costo vedere il cadavere all’obitorio per assicurarsi che la sua nemica fosse davvero morta.
Sappiamo in che modo è finita l’intera vicenda: come nei Balcani, l’Onu si comportò con assoluta viltà e indifferenza. Il generale canadese Roméo Dallaire, che era a capo delle forze di peacekeeping, chiese ripetutamente rinforzi senza ottenere risposta. Sarebbero bastati 5.000 soldati, che però non arrivarono mai. E d’altronde il segretario generale dell’Onu Butros Ghali, qualche anno prima, in qualità di Ministro degli Esteri egiziano, aveva venduto armi all’esercito ruandese per 25 milioni di dollari. Alla fine, la strage fu fermata dal RPF che penetrò nel paese da nord. Il comandante, Paul Kagame, era egli stesso un tutsi vissuto come profugo in Uganda, trasferitosi in seguito negli Stati Uniti per gli studi. La controffensiva durò tre mesi. I ruandesi hutu, così aggressivi con civili indifesi, fuggirono opponendo pochissima resistenza all’esercito di Kagame che il 4 luglio 1994, conquistata Kigali, proclamò la fine della guerra. Restavano una quantità di feriti, di persone impazzite per lo shock, di donne stuprate e ingravidate, spesso anche contagiate dall’ Hiv. Più di un milione di hutu, timorosi della vendetta, si riversarono nei paesi vicini, riempiendo all’inverosimile campi profughi dove scoppiarono micidiali epidemie. L’intera regione fu destabilizzata e lo è tuttora. Però, almeno in Ruanda, dove Paul Kagame è ancora al governo, grandi passi sono stati fatti verso la riconciliazione, la riflessione e la conservazione della memoria. La settimana attorno al 6 aprile, ogni anno, è molto importante sia per la comunità nazionale sia per quelle diasporiche.
Agathe Uwilingiyimana è sepolta al Remera Heroes Cemetery di Kigali. I suoi figli, coraggiosamente messi in salvo da un militare senegalese, arrivarono dopo un viaggio lunghissimo e rischioso, finalmente in Svizzera.
RIFERIMENTI
Erny, P., Rwanda 1994, L’Harmattan.
Rakiya, O., Death, Despair and Defiance, Africa Human Rights Watch, 1999.
Dallaire, R., Shake Hands with Devil, 2003 Random (dal libro sono stati tratti un documentario e un film omonimi, rispettivamente nel 2004 e nel 2007).
Gourevitch, P., Desideriamo informarla che domani verremo uccisi con le nostre famiglie, 1998, Einaudi.
Hatzfeld, J., A colpi di machete, 2004, Bompiani.
www.fawe.org/publications/Role%20Models/Agathein.pdf