Elvira Notari, l’antidiva che fondò una casa cinematografica ai primi del Novecento
Accanita, quasi stacanovista, precisa. Elvira Coda è stata la prima regista italiana e una delle prime al mondo. Un mondo in cui le donne erano relegate al ruolo di truccatrice o di aiuto dell’aiuto-regista. Era di Salerno, dove nacque nel 1875. Studiò nella scuola normale femminile – le vecchie scuole magistrali – trasferendosi poi a Napoli.
Fu proprio a Napoli che conobbe il fotografo Nicola Notari, da cui prese il cognome dopo il matrimonio. Una città che la rese una pioniera regalandole le più grandi produzioni artistiche dell’epoca. Nei primi del novecento, difatti, il mondo cinematografico era terreno di caccia solo maschile.
È solo nel 1903, quando Nicola acquista una cinepresa in legno con autonomia 10 mt. di pellicola che inizia l’avventura. Elvira intuisce subito che il cinema può essere interpretato come spettacolo popolare, e inizia così a girare dei cortometraggi alla maniera dei Lumière. Li produce e li colora a mano e vengono inseriti come diversivi negli intermezzi tra un tempo e l’altro dei cafè-chantant. Caffè Chantant e locali di varietà erano allora considerati luoghi di divertimento plebeo, snobbati dalla Napoli Bene. Uno di questi era il Salone Margherita situato nella Galleria Umberto I di Napoli, inaugurato in piena Belle Époque, nel 1890, il primo e più importante cafè-chantant italiano. Il suo modello si basava su quello dei celebri Moulin Rouge e Folies Bergère francesi. I cartelloni pubblicitari, i menu del caffè, la lingua parlata al suo interno e perfino le soubrette provenivano direttamente da Parigi. A fine serata, l’orchestra suonava un brano che il pubblico accompagnava cantando. Su quelle note si proiettava una filmina colorata, detta “Arrivederci e Grazie”. La parola film, forse non sapete, era allora al femminile, la film. Così come lo era l’espressione “teatro delle varietà” e non del varietà. Elvira era un’antesignana. Lei, come Fregoli e Petrolini, intuirono il potenziale del cinema dando vita a dei cinema-chantant.
Napoli consentì a Elvira d’estrapolare tutta la bellezza e metterla su una pellicola. Grazie alla sua forte volontà e determinazione fondò e diresse la Dora Film Company in cui era regista, attrice, sceneggiatrice, produttrice e distributrice. Elvira Notari, che in poch* conoscono, è celebrata come la prima e più prolifica regista italiana anche all’estero. La Dora (da Elvira) Film, che costituì col marito responsabile delle riprese, è stata una casa di produzione familiare che sfornò oltre 60 titoli diventando tra le più famose case di produzione cinematografiche napoletane degli inizi del ‘900.
Come sempre delle donne, anche se pioniere e geniali, non si sa e ricorda mai nulla.
Elvira, quando conobbe Nicola iniziò ad appassionarsi subito alle riprese. All’inizio lo aiutò nella colorazione delle foto e successivamente passò ai film, finchè giunse alla loro produzione: diede vita, con i figli Edoardo, Dora e Maria a un laboratorio di stampa, titolatura e coloritura delle pellicole il cui nome per intero era “Dora Film Fabbrica di film per cinematografi e film parlanti”. Si trovava in via Roma 91. In poco tempo la Dora Film si trasformerà in casa di produzione diventando, insieme alla Lombardo Film e alla Partenope Film, una delle più famose compagnie di Napoli, che allora era tra le capitali del cinema in Europa, in Italia seconda solo a Torino.
Nicola si occupava della parte tecnica, lei della sceneggiatura e della regia. Elvira, come facciamo sempre noi donne, indossa al contempo diversi ruoli: i panni di manager, organizzatrice, sceneggiatrice, contabile, cuoca sul set. L’impresa ha impronta familiare, ma guarda lontano. Elvira fece recitare in quasi tutti i suoi film il figlio Edoardo che, con lo pseudonimo di Gennariello, divenne uno dei personaggi centrali delle sue sceneggiature. Elvira aveva un gran talento nel riconoscere il talento. Scoprì giovanissimi attori che diventeranno straordinari caratteristi come Tina Pica, che appare in suoi due film nel 1916 e Carlo Pisacane, il futuro Capannelle de “I soliti ignoti”.
Ai suoi film partecipavano anche popolani, gente presa dalla strada; fece recitare anche l’insegnante di Edoardo, Rosella Angioni che, con il nome d’arte di Rosé Angioni, diverrà una delle attrici più famose della Notari. Elvira metteva in scena il crudo realismo della Napoli misera dei bassifondi, delle case dei pescatori, degli scugnizzi, del dramma di chi non ha niente. «Simm’e Napule e avimma fa ’o cinema de’ napulitane!» diceva.
Aveva un’incredibile accanimento per la perfezione e un carattere forte tutto suo: la chiamavano “la Marescialla”, nomignolo nato in famiglia. Era autoritaria e dai suoi attori pretendeva una recitazione senza eccessi, moderna rispetto ai gusti dell’epoca ma precisa fino allo stremo. Faceva ripetere le scene moltissime volte finché non ne era pienamente soddisfatta. In un’epoca in cui il cinema diventava una vera e propria industria, la precisione divenne uno degli obiettivi da raggiungere. Secondo i racconti del figlio Edoardo, infatti, Elvira Notari si focalizzava sui reali problemi degli attori, provocando spesso in loro vere e proprie lacrime. Ricorda il nipote: «Come regista era severissima, addirittura pignola. Non esitava a far ripetere le scene che non le erano piaciute […], esigeva lacrime vere […] e perciò prima di ingaggiare un attore, si informava sulle sue vicende familiari. […] era venuta a conoscenza, per esempio, che un attore era orfano? Ebbene, lei gli parlava del padre». Se non era realismo il suo! Anche perché stiamo parlando ancora di film muti, quindi le espressioni del volto erano importantissime, andavano sottolineate, enfatizzate, fino all’eccesso.
Di tutta la produzione dei Notari, 60 lungometraggi e un centinaio di corti, oggi restano tre film conservati nella Cineteca nazionale di Roma: “E’ piccerella”, “A santanotte”, “Fantasia ‘e surdate”: i suoi film sono romanzi popolari, ricchi di sensualità, desiderio, amore, povertà e il sogno di una vita diversa; ci sono donne che vivono triangoli amorosi e che sono destinate a morire in una sorta di catarsi finale e madri che soffrono per i loro figli. C’è il melodramma, ma anche il crudo realismo di gran parte del popolo napoletano che vive il dramma di chi non ha niente.
I personaggi femminili di Elvira sono spesso folli, insofferenti alle regole sociali dell’epoca, donne che si scontrano con il ruolo confezionato per loro, incentrato sul sessismo, sulla sottomissione culturale e sociale al maschio. Esempio, anche se pur primitivo nella fattura, di avanguardia neorealista. in cui per la prima volta sono protagonisti i ragazzi di strada.
La censura diede molti problemi alla sua produzione: molti suoi lungometraggi furono sottoposti ad essa e tacciati di anti-nazionalismo. Censura prima legale, che cercherà di cancellare dai film le passioni e la realtà; poi la censura fascista che metteva al bando ogni deviazione dalla regola: la pazzia, il suicidio e il dialetto. Nel 1928, la Commissione Censura spedì una circolare che impose alla Dora la chiusura dell’attività «Considerato che siffatti film a base di posteggiatori, pezzenti, scugnizzi, di vicoli sporchi, di stracci e di gente dedita al dolce far niente, sono una calunnia per una popolazione che pur lavora e cerca di elevarsi nel tono di vita sociale e materiale che il regime imprime al paese; considerato per altro che siffatti film sono eseguiti con criteri privi di qualsivoglia senso artistico, indegni della bellezza che la natura ha prodigato alla terra di Napoli, è stato deciso di negarle in via di massima, l’approvazione dei film che persistono su circostanze che offendono la dignità di Napoli e l’intera regione». Ciononostante la Dora Film sbarcherà anche negli Stati Uniti, dove verrà fondata la “Dora Film of America”, che avrà sede nella 7ª Avenue a New York. La Dora a New York, incredibile vero? I film di Elvira, non particolarmente amati dalla critica e dalla cultura ufficiale ebbero un enorme successo commerciale, sia in Italia che nelle sale italoamericane.
Poi giungerà il sonoro, e se il cinema era già proibitivo per le donne, diventerà davvero out. La Dora Film dovrà arrendersi alla nuova industria cinematografica, che nulla ha più a che fare con l’artigianato pionieristico di Elvira e che lentamente e oculatamente escluderà le donne dalla produzione. Nel 1930 la Dora Film sarà costretta a chiudere definitivamente i battenti.
Oggi l’88% dei film a finanziamento pubblico italiano sono diretti da uomini. Solo il 21% dei film prodotti dalla Rai hanno una regista. Il 25,7% delle produttrici sono donne, e il 14,6% sono sceneggiatrici. Restano come un tempo in maggioranza nei dipartimenti dedicati a casting, trucco e costumi Eppure un film su 3, cioè il 33% (che sale uno su due nell’Unione Europea) diretto da una donna ha ricevuto una nomination o dei premi in festival nazionali o internazionali, contro il 17% dei film degli uomini che riceve nomination/premi nazionali e il 23% internazionali. Direi che non servono altri commenti a dimostrare che il sessimo è ancora vivo e vegeto e che c’è una disparità che va spezzata. (J.F.)
Sotto, se volete, potrete vedere uno dei suoi film più famosi, per intero, con le musiche di Illachime Quartet
https://www.youtube.com/watch?v=-wOpONZBk4U
BIBLIOOGRAFIA:
Vita di Totò Di Ennio Bìspuri
Una pioniera oltre la censura Luciano Del Sette il manifesto
Il Salone Margherita, primo cafè-chantant italiano dI Germana Squillace