Possiamo salvare il mondo in mutande?
(articolo di Betty Argenziano / Alle donne piace soffrire?)
Il Pianeta agonizza soffocato dalle nostre invenzioni geniali, prima fra tutte la plastica: la Great Pacific Garbage Patch, l’isola di rifiuti che galleggia nell’Oceano Pacifico, è uno tra i peggiori disastri ambientali di tutti i tempi; la maledetta plastica ormai ci arriva dal rubinetto di casa, è entrata nella catena alimentare attraverso il pesce. Un Pianeta bisognoso di cure, bisognoso di donne libere di sprigionare la loro energia creativa e curativa, troppo spesso bloccata dalle società che le domina e ne limita il pensiero e l’azione. Le donne potrebbero essere capaci di salvare il mondo. Ma possono farlo in mutande?
“Un supereroe è un personaggio dei fumetti, libri, cartoni animati o film che si caratterizza per le sue doti di coraggio e nobiltà e che generalmente ha abilità straordinarie, dette superpoteri, rispetto a quelle degli esseri umani normali oltre a possedere un nome e un costume pittoresco. I supereroi trascorrono la maggior parte del loro tempo combattendo contro mostri, alieni, disastri naturali e supercriminali.” (Da Wikipedia).
Sinceramente, quanti supereroi esercitano la missione di salvatori dell’Umanità in mutande? Me lo stavo chiedendo guardando l’immagine di Wonder Woman in body e stivali. Schiena nuda. Ci vogliono superpoteri aggiuntivi per saettare nell’aere in mutande. I supereroi invece lavorano per lo più con il corpo coperto, anche se i muscoli esuberanti del culturista anabolizzato traspaiono da sotto le prodigiose tutine di lycra: la mutanda del supereroe è visibilmente corazzata per proteggere meglio i rilievi inguinali, e viene indossata sopra la tutina per ulteriore precauzione. Sappiamo che il grosso è lì sotto ma nulla è visibile. La nudità non è cosa da supereroi maschi, con l’eccezione di Hulk, Mister Maglietta Strappata, l’uomo con il più rapido turn over di camice e T-shirt. Che comunque rimane in bermuda, mai in mutande. Wonder Woman invece si getta impavida in battaglia con un body senza neppure le spalline. Un po’ come succede alle comuni donne occidentali: qualunque attività debbano svolgere, di solito si mettono in difficoltà da sole scegliendo vestiti, scarpe e accessori scomodi. Altrimenti che gusto c’è senza un percorso ad ostacoli? Ma riescono sempre ad essere efficienti perché le donne sono acrobate per natura, tenaci e sorprendenti, e se per piacere agli altri dovessero camminare sulle mani, state sicuri che ci riuscirebbero. Anche ad occhi chiusi. Ed è per questo che possono salvare il mondo.
In questi giorni funestati dall’intensificarsi di episodi di violenza sulle donne, a volte si sente affermare “Io donna ho il diritto di vestirmi come mi pare, come ce l’ha un uomo: volendo dovrei poter girare nuda, e nessuno per questo è autorizzato a stuprarmi”. Premesso che:
- neppure l’accoppiata ballerine+gambaletti color carne costituisce un deterrente per un uomo che vuole stuprare una donna;
- vengono stuprate anche le donne coperte dal burqa;
- NULLA AL MONDO GIUSTIFICA UNO STUPRO. Neanche girare nuda.
Premesso tutto ciò, la domanda che sorge spontanea è:
perché vogliamo il diritto di girare nude?
Ho ragionato sull’esposizione del corpo delle donne nel libro “Alle donne piace soffrire?”. In particolare penso agli estremi, penso al burqa e penso alla occidentale ostentazione della nudità femminile; sebbene sia piuttosto comune che le donne coperte e quelle scoperte affermino che la loro è una libera scelta, ho il sospetto che si tratti della stessa medaglia con le sue due maledette facce: sono entrambe cadute in uno dei soliti tranelli di controllo del nostro corpo.
Potrei capire che una donna voglia liberamente coprirsi solo se altrettanto liberamente, volendo, potesse scoprirsi; potrebbe persino essere una bella comodità girare con un sacchetto in testa con due buchi per gli occhi, in quei giorni in cui romperesti tutti gli specchi che ti riflettono. Potrebbe essere davvero una libera scelta se colei che si copre non rischiasse nulla scoprendosi, né aggressioni fisiche, né verbali, né gogna, né etichette diffamanti, né mariti gelosi o turbe sessuofobe e anatemi. Né imbarazzo né vergogna. Se potesse godere il piacere indescrivibile di esporre il corpo al sole e al vento, il piacere amniotico del corpo nudo nell’acqua del mare. Solo allora crederei che è una sua libera scelta coprirsi, vedendola scoperta. Almeno quando si schiatta dal caldo. O scoperta per donare al suo corpo il piacere di praticare uno sport. Correre, pedalare, nuotare in libertà.
Veniamo a noi donne di cultura occidentale, libere di coprirci e di scoprirci a piacimento. Diciamolo, scoprirsi è bellissimo. Soffrirò come un cane sino alla prossima estate, sino a che non potrò stare con le braccia, le gambe e i piedi nudi. Da tempo siamo abituate a scoprirci, è un nostro diritto di cui amiamo il lato selvaggio e istintuale. Ma ci siamo mai chieste perché vogliamo esibire il nostro corpo? Perché a ben guardare gli uomini, che avrebbero la stessa libertà di farlo, sono sempre molto più coperti di noi. A cominciare dai piedi. L’uomo è in genere anti-sandalo. Perché? Teme che quei ciuffetti di peli sulle dita provochino un effetto Hobbit? O sarà piuttosto che ritiene il piede richieda sempre protezione, essendo fondamentale per la stabilità del corpo? Il piede è determinante nelle situazioni critiche di “lotta o fuga”: i piedi sono il nostro contatto con la terra, non per niente si dice “avere i piedi per terra”. Ora pensate alle scarpe femminili, e quante informazioni e stabilità perdiamo staccando buona parte della pianta del piede dal suolo. E quanto siamo deboli in situazioni critiche.
Ma torniamo al corpo. È appena trascorsa un’estate bollente. In città osservavo schiere di uomini con pantaloni lunghi e camice spesso a manica lunga. Addirittura con la giacca. Qualche bermuda al mare, quasi mai canottiere. L’uomo non si spoglia, a meno che non sia molto giovane o culturista. Perché? Gli uomini hanno più pudore? Perché soffrono il caldo in silenzio? Perché non si spogliano invece di abusare dell’aria condizionata, che poi noi dobbiamo sbrinarci i piedi con il phon? Eccetto nelle ovvie situazioni che la richiedono, ho il sospetto la nudità leda la dignità del maschio perché:
nudo = vulnerabile
è impossibile essere presi sul serio da nudi
Vulneràbile: agg. [dal lat. vulnerabĭlis, der. di vulnerare «ferire»]. – Che può essere ferito. (Treccani).
Vulnerabile non è in cima alla lista degli attributi più ambiti dagli uomini. Vulnerabile è invece un aggettivo che ci ha descritto per tutta la nostra storia di donne: non solo fisicamente ma anche emotivamente siamo sempre state considerate vulnerabili. La nudità quindi da un lato è una conquista, perché non siamo più obbligate ad esporre solo la testa e le mani; dall’altro con la nudità accentuiamo la nostra vulnerabilità fisica, come dimostrazione di appartenenza al nostro genere.
Se non si è Wonder Woman, la mini in pieno inverno è broncopneumopatia ostruttiva assicurata. Eppure lo facciamo lo stesso, gonne, collant sottili nude look, o persino senza calze. Non possediamo superpoteri, eppure sfidiamo la tenuta del nostro sistema immunitario. Milano, gennaio, 5 gradi, nebbia che sembra pioggia da quanto è bagnata: e tu minigonna, scollatura, vestiti leggeri, niente calze. Mettiamoci anche una mutanda Open-Back Panties di derivazione soft porn, così non si salva quasi nulla. Non provate a dire “lo faccio per me stessa”. La spiegazione c’è ed è sempre la stessa: compiacere l’uomo. E neanche uno in particolare, tutti. Fin dalla più tenera età alle bambine viene insegnato che la loro missione nella vita è piacere agli altri, essere belle e femminili prima di qualunque altra cosa. Così in età adulta il motto diventa:
compiacere
Ho la libertà di espormi o non espormi, ma se mi spoglio so che sarò apprezzata di più, sarò riconosciuta veramente femminile, qualunque forma abbia il mio corpo. E infatti per strada si vede di tutto: dalla XS alla XXL, nelle varie sfumature dal sodo al molle, dal giovane al frollato. Se con il trucco si ottiene un viso femminile, con la nudità si ottiene un corpo femminile. La nudità sostanzia la nostra femminilità, perché femminile è vulnerabile. La nudità diventa quasi un obbligo, un “burqa al contrario”. L’unica deroga alla nudità sono i vestiti attillati, che mostrano tutte le curve: se non si vedono i fianchi, la vita, il seno, i glutei, allora siamo il blob asessuato di cui parlavo nel post precedente. Se non mostriamo alcuni caratteri sessuali secondari, abbiamo la stessa femminilità di un pupazzo di neve. Come per il volto il make-up trasforma il nostro essere cessi al naturale, così la nudità trasforma il nostro corpo coperto da informe-sacco-di-yuta-asessuato a corpo femminile.
Questo spiega il motivo per cui poi le donne dentro le mura di casa:
- sono in perenne ipotermia
- sono le principali azioniste dei produttori di tisane, teiere e tazze mug
- usano calzerotti così spessi che sembrano doposci
- usano golf di lana da uomo (quelli da donna sono troppo minimal e sintetici)
- vestono pigiamoni in flanella con una felpatura che neanche in Alaska
- la copertina da divano è la loro compagna inseparabile
La copertina è molto più dell’oggetto transizionale di Linus van Pelt: è il bozzolo nel quale avvoltolarsi per estirpare il freddo dalle ossa. Usciremo dal bozzolo-plaid come in una metamorfosi, appena ristabiliti i 36,5° corporei, e altri parametri vitali compromessi dallo smutandamento.
Ricapitolando. Vogliamo il diritto di spogliarci, perché:
- prima ci era vietato, adesso ci sfoghiamo
- ci piace anche il lato selvaggio della faccenda
- siamo considerate più femminili
E gli uomini? A proposito dei caratteri sessuali secondari, leggo su Wikipedia:
- I caratteri maschili sono per esempio: la crescita dei peli e della barba, l’allargamento delle spalle e il rafforzarsi dei muscoli, l’ingrandimento del pene, dei testicoli e della prostata.
Di solito l’uomo è talmente sicuro della sua mascolinità, che non lascia vedere nulla di tutto ciò: l’uomo occidentale elegante indossa una giacca dritta con spalle imbottite, camicia abbottonata e cravatta. Muscoli? Spalle? Se ci sono, lo sa solo lui. Quanto a pene, testicoli e prostata, sappiamo che sono lì, ma è tutto avvolto dal più fitto mistero. Si vestono in sostanza con una divisa uguale per tutti, non devono esibire nessun attestato di mascolinità, nessun pettorale, nessun gluteo marmoreo. Questa si chiama solidarietà di genere. Ma curiosamente anche quando l’uomo si veste casual la storia non cambia, perché anche se indossano una polo dalla quale si intravedono pettorali flosci o la pancia prominente, sono sicuri della loro mascolinità perché risiede tutta nella Zona Rossa. E, notare bene, la donna non pretende che l’uomo modifichi alcuno dei suoi caratteri sessuali secondari.
Invece. Tra i caratteri sessuali secondari della donna troviamo:
- le mestruazioni, la crescita dei peli sul pube, ascelle e altre zone del corpo, la crescita del seno, l’allargamento del bacino, l’accumulo di grasso in determinate regioni del corpo (glutei, anche, addome, mammelle, braccia e spalle).
Nella cultura occidentale alcuni di questi caratteri sessuali secondari femminili sono semplicemente negati: i peli e il grasso sono il demonio. Sembra una sfumatura di pedofilia? Anche le mestruazioni non hanno mai perso quell’alone di impurità malefica. Per il resto, sbandierare seno/glutei prominenti è l’attuale carta vincente, come impongono gli standard di derivazione pornografica: la donna desnuda è apprezzata perché la sessualità maschile è stimolata dall’aspetto visivo.
Abbiamo già tre ingredienti che sostanziano la nostra propensione a spogliarci:
vista + vulnerabilità + compiacimento
Aggiungiamo il quarto, quello più importante:
autostima traballante
Perché noi non abbiamo la stessa sicurezza degli uomini? Perché smaniamo dalla voglia di adottare caratteri sessuali supplementari da esibire? La nostra mancanza di autostima deriva da lontano, proviene esattamente da QUI. Ma c’è di più. In un prossimo post vi parlerò di un libro meraviglioso che tutti dovrebbero leggere, dal titolo “Vagina. Una storia culturale” di Naomi Wolf: la nostra mancanza di sicurezza comincia lì, nella Zona Rossa, che le culture patriarcali hanno inibito nella millenaria repressione del nostro lato selvaggio ed istintuale. Così abbiamo perso la nostra forza e la nostra sicurezza, smarrito il baricentro, dimenticato la profonda connessione con la Terra; abbiamo contribuito attivamente a creare quel mare di plastica, lì in mezzo ci sono anche tutti i flaconi di prodotti miracolosi che avrebbero dovuto farci più belle. Dobbiamo rimediare: dopo essere state relegate in un angolo della storia senza mai contare nulla per migliaia di anni, è arrivato il momento credo di non essere più complici di questo disastro e fare qualcosa di grandioso per invertire la rotta. In mutande o con il burqa, perché la Terra sta morendo e chiama proprio noi.